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Croce: "Salvare Messina è quasi impossibile, Corcetta mi aiuti"

Intervista al commissario straordinario della città

MESSINA. «Per salvare una città da 250 mila abitanti bastano 50 milioni e qualche mese in più: si devono trovare». Parola di Luigi Croce, 74 anni, lo sguardo lucido sulla “sua” Messina, città amata che ora tenta di salvare da commissario straordinario del Comune. Un’amministrazione al collasso in cui ha riscontrato qualcosa come 240 milioni di euro di debiti, e che ora sovrintende dall’altra parte della barricata: non più procuratore della Repubblica nella città dello Stretto ma traghettatore fino alle prossime elezioni.
INUTILE CHIEDERE COME STA ANDANDO A MESSINA.
«La situazione in questo momento a Messina è difficile e complicata, perché è sotto l’occhio della sezione di controllo della Corte dei conti che ha riscontrato delle “irregolarità” e ha chiesto dei chiarimenti, ottenuti i quali ha contestato una serie di violazioni che sarebbero state commesse nella redazione dei bilanci 2009-
10-11 che hanno determinato la trasmissione degli atti anche alla procura della Repubblica di Messina, nonché una serie di prescrizioni. Ma non è tutto: il Comune ha sforato il patto di stabilità e ha pure una grossissima crisi di liquidità – cioè non ci sono soldi – per cui si va avanti per anticipazioni di cassa. Il nostro tesoriere, Unicredit, anticipa soldi fino a 58 milioni: allo stato, siamo fermi a circa 35 milioni».
E QUESTO COSA COMPORTA?
«Che i debiti non si possono pagare, anche perché il Comune non riesce a riscuotere i crediti, né integralmente i tributi, Tarsu, imposte su scivoli e occupazione di suolo pubblico. Quanto alle aziende controllate, di cui il Comune è unico azionista sono oberate da debiti che deve pagare il Comune. E poi c’è il debito latente dato dai contenziosi: conosciamo le spese legali (19 milioni) ma non siamo in grado di quantificare tutte le cause che il Comune ha in corso e quanto costerebbero il giorno in cui si dovesse
perderle».
IN CHE SENSO IL COMUNE NON RIESCE A RISCUOTERE?
«Faccio un esempio: i ruoli di incasso della Tarsu erano stati inviati alla Serit, l’ente di riscossione, ad aprile, ma quando mi sono insediato, il 17 settembre di quest’anno, era stato incassato solo lo 0.34%».
E DA CHI DIPENDE?
«Serit non ha tempestivamente operato e nessuno al Comune si è preoccupato di sollecitare gli interventi. Infatti quando li ho minacciati di denuncia penale e causa civile la Serit ha notificato le cartelle».
STA DESCRIVENDO UNA CITTÀ ALLO SBANDO?
«Non proprio allo sbando, ma una città che è stata governata con una certa leggerezza per lungo tempo, i cui nodi vengono oggi al pettine: è gravissimo quello che è successo per la prima volta nella storia ad ottobre, ossia il non riuscire a pagare gli stipendi ai dipendenti comunali. Per diversi giorni è stata occupata la sede comunale: poi sono arrivati dei contributi statali e siamo riusciti a tamponare».
QUINDI HA MESSO COME PRIORITÀ GLI STIPENDI DEL PERSONALE COMUNALE?
«Mi pare corretto: non si può pensare di pagare un fornitore per la carta o il toner e lasciare il dipendente senza stipendio. Sono 1.900 quelli del Comune, più altri 700 circa quelli delle partecipate: lasciare senza stipendi tutte queste famiglie, creerebbe danni enormi anche all’economia cittadina».
E GLI ALTRI CHE INVECE RISCHIANO IL LICENZIAMENTO?
«Ce lo impone la legge: la Corte dei conti ci dà un mese di tempo per poter ricostruire il sistema debitorio e creditizio del Comune, che non si può fare, a meno che non ci dà più tempo. Altrimenti si va immediatamente al dissesto, ossia al licenziamento di tutti i precari e dei 300 contrattisti – e ce ne sono con 20 anni di servizio – e ancora quelli delle partecipate, società che dovrebbero sostenersi coi loro proventi, ma che sono piene di debiti, quindi il taglio di personale sarà inevitabile».
POTENDO SCEGLIERE, QUALE SOLUZIONE CREA MENO DANNI? COMUNE SALVO CON TAGLI E RIDUZIONI ALL’OSSO O DISSESTO CON TUTTO CIÒ CHE NE CONSEGUE?
«Il dissesto è la morte della città: significa licenziamenti, riduzione delle indennità al personale, crediti gestiti da commissari; ma per pagare i debiti occorreranno mutui che dovrà pagare comunque il Comune. Speriamo di usufruire dei benefici della cosiddetta legge “salva enti”: ciò comporterebbe la possibilità di usufruire per ogni anno di 50 milioni di euro di contributi, ossia 200 euro per abitante».
TUTTO SUL FILO DEL RASOIO, SULLE SPALLE RESTANO 240 MILIONI DI DEBITI: COME SI È ARRIVATI A UNA SITUAZIONE DEL GENERE?
«Le dò un termine di paragone: al 30 giugno l’anticipazione di cassa era 18,2 milioni circa, ma al mio insediamento era di 42,1 milioni e la situazione di cassa era di circa 150mila euro: significa che in due mesi e mezzo - dal primo luglio al 16 settembre - al Comune di Messina si sono spesi ben oltre 23 milioni di euro».
SPESI COME?
«Indennità pregresse liquidate tutte in una volta al personale ed elargizioni varie ad enti e altre attività; il tutto alla vigilia delle elezioni regionali».
SECONDO LEI, CHI HA PROVOCATO TUTTO CIÒ PAGHERÀ?
«Innanzitutto non è responsabilità di uno solo. Sarà la procura della Repubblica ad accertare responsabilità penali, se ce ne sono. Ma io non guardo né ai reati né ai colpevoli, se li cerchi chi deve. Le carte ci sono e se la procura me le chiede avrà tutte quelle che vuole. Pensi che alla mia relazione alla Corte dei conti ho allegato 45 documenti».
LEI HA CONVOCATO GLI 11 DEPUTATI REGIONALI ELETTI IN PROVINCIA, COM’È ANDATA?
«Ho fatto presente che con un contributo straordinario di 50 milioni io avrei fatto il bilancio e forse avremmo aggiustato la partita. Ho scritto anche al presidente Crocetta: non chiedo trattamenti privilegiati, ma solo che la città di Messina possa godere degli stessi benefici di cui ha goduto Palermo e Catania. Fino ad oggi non ho notizie».
L’OBIETTIVO È SALVARE UN COMUNE IN MENO DI 30 GIORNI: È FIDUCIOSO?
«No. Io spero. Spero in un miracolo: ci vorrebbe un biglietto della lotteria. Mentre lavoro ai conti o penso alle dismissioni immobiliari sto facendo una figuraccia da cani: in vita mia non ho mai fatto un assegno a vuoto, mai avuto il conto in rosso, mai un debito. Ora sono il peggiore debitore sulla faccia della terra: non faccio che ricevere gente che da me vuole soldi, soldi, soldi: un dramma».
DA MAGISTRATO A COMMISSARIO, COSA CAMBIA?
«È un altro mondo, un’esperienza formidabile, un contatto con la burocrazia a tratti sconvolgente: tempi lunghi e sistemi farraginosi. Pensavo di prenderla sportivamente, invece sono in ufficio dal lunedì al venerdì dalle 8.15 alle 21, con un toast e caffè mangiato alla scrivania per pranzo, mentre la sera se trovo qualche amico vado a mangiare qualcosa fuori, altrimenti manco quello».
MA CHI GLIEL’HA FATTO FARE?
«Manco da Messina dal 1966. È la città in cui sono nato, cresciuto, in cui mi sento a casa. Quando me l’hanno proposto ho accettato, perché sono legatissimo alla mia città. Né mi sento adesso di lasciare la baracca perché sarebbe una vigliaccata che non farei mai. Anzi, sono pronto a restare un mese in più, accanto al nuovo sindaco, per affiancarlo in un momento che non sarà certo facile».
MESSINA TORNERÀ A SPLENDERE?
«Ne dubito. Negli anni Sessanta ho lasciato una città allegra, spensierata, prosperosa, benestante: oggi ritrovo una città triste, in declino, di sera deserta. Non offre nulla ai giovani e loro se ne vanno, e sono intelligenze che non torneranno più. Occorrerebbe che la buona borghesia messinese riprendesse in mano le redini della città, com’era negli anni Sessanta. Solo così si potrà sperare nella rinascita di questa meravigliosa città».

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