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Bancarotta fraudolenta, ordinanza per un imprenditore a Messina

MESSINA. Avrebbe dissipato il patrimonio di una società di Messina. Il reato contestato all’amministratore è quello di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Secondo gli accertamenti svolti dalla guardia di finanza, l’imprenditore avrebbe proceduto ad una progressiva distrazione di rilevanti somme dalle casse, attraverso l’utilizzo sistematico delle disponibilità finanziarie societarie per motivi diversi da quelli sociali, causando un grave danno per la società e per i creditori. I finanzieri hanno eseguito nei confronti dell’indagato un’ordinanza di applicazione del divieto di esercitare l’attività di impresa per otto mesi.

L'imprenditore è Francesco Arcovito, 46 anni, titolare della Hilde Fortini srl, dichiarata fallita dal Tribunale di Messina il 16 marzo 2016. La società era balzata agli onori della cronaca nazionale alla fine del decennio scorso quando Silvio Berlusconi mise gli occhi su Villa Mufarbi di proprietà della Hilde Fortini, che si trova a Taormina. Dieci milioni di euro l'importo stimato per la trattativa, ma alla fine del 2009 il legale di Berlusconi Nicolò Ghedini comunicò all'imprenditore messinese che l'affare era sfumato.

Le indagini si sono concentrate sull’esame delle operazioni di gestione dalla società di costruzioni dichiarata fallita. L’uomo avrebbe aumentato del quadruplo il proprio compenso annuale, senza ragione ed in evidente fase di crisi economico-finanziaria dell’impresa. L’imprenditore avrebbe, inoltre, concluso due contratti preliminari per l’acquisto di due immobili, uno a Messina e uno a Roma.

L’amministratore avrebbe perduto integralmente le relative caparre ammontanti ad oltre 500.000 euro, a causa del mancato versamento del saldo per manifesta assenza di liquidità e inoltre avrebbe versato le somme per la caparra di uno dei due immobili ad un familiare, senza ricevere alcuna contropartita.

E’ stata contestata all’imprenditore anche la conclusione con sé stesso di un preliminare di vendita, in forza del quale la società si impegnava ad acquistare un ulteriore immobile a Milazzo, versando una caparra di un milione e mezzo di euro. Altra contestazione formulata all’indagato è quella di aver venduto ad una terza società un prestigioso complesso edilizio a Taormina, per un prezzo di 3 milioni di euro, a fronte di un valore stimato di 8 milioni.

Tra gli ulteriori fatti contestati c’è l’acquisto e la relativa ristrutturazione di due immobili a Messina, arredati con mobilio di pregio, anch’essi acquistati dalla società amministrata, per poi essere destinati ad abitazioni del proprio nucleo familiare. Il valore dei beni sottratti fraudolentemente dal patrimonio della società ammonta a circa otto milioni di euro.

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