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Diede fuoco alla fidanzata a Messina, condannato a 12 anni

Ylenia Bonavera e Alessio Mantineo

MESSINA. Il magistrato che ne decise l'arresto parlò di «studiata pervicacia criminale» e «volontà di infliggere sofferenze alla sua vittima»: un giudizio pesante condiviso evidentemente dal gup che oggi ha processato e condannato Alessio Mantineo, 26 anni, messinese, accusato del tentato omicidio della ex fidanzata, Ylenia Bonavera, 23 anni.

Dodici anni la pena decisa dal giudice, due in più di quanti ne aveva chiesti il pubblico ministero per un reato particolarmente crudele. Il 7 gennaio dell’anno scorso, l’uomo, dopo una lite, si presentò all’alba a casa della ex, le buttò addosso della benzina e le diede fuoco. La ragazza, che aspettava da lui un bimbo, rimase gravemente ustionata ai fianchi e alle gambe e si salvò solo per l’intervento tempestivo dei soccorsi.

Dall’aggressione sono trascorsi 367 giorni durante i quali la vittima non ha mai fatto un passo indietro continuando a difendere Mantineo e negare che ad aggredirla fosse stato lui. Ma contro il giovane gli indizi sono tanti. A cominciare dalle immagini delle videocamere di un distributore di carburante che, pochi minuti prima del tentato omicidio, lo riprendono mentre riempie una bottiglia con della benzina. Un indizio pesante che l'imputato ha cercato di giustificare sostenendo di essere andato alla stazione di servizio per far ripartire lo scooter rimasto a secco. Ylenia, però, l’ha sempre difeso. Almeno davanti agli inquirenti. Subito dopo l’aggressione aveva raccontato ai familiari che l’aggressore era Alessio, una versione riferita anche alla vicina di casa che l’aveva soccorsa subito dopo il fatto e aveva chiamato il 118.

Il Gip che decise l’arresto del giovane credette alla "genuinità» delle prime affermazioni della ragazza e "giustificò» il silenzio di Ylenia con gli inquirenti col «forte legame sentimentale» o con «il timore in lei suscitato" dall’indagato anche - scrive - «per un substrato culturale che induce a ritenere privo di adeguata considerazione colui che denuncia». «Non sono una sbirra», avrebbe detto agli investigatori che le chiedevano chi avesse cercato di ammazzarla.

Contro Alessio che, secondo il gip, sarebbe incapace di controllare i propri istinti criminali, si è invece schierata da subito la madre della vittima, Anna Giorgio. Le due donne, quando ancora Ylenia era ricoverata in ospedale, litigarono violentemente proprio per le accuse che la madre della ragazza aveva rivolto all’indagato. Tanto che dovette intervenire la polizia. A fianco al ragazzo è rimasta invece la sua famiglia che ha continuato a difenderlo nonostante le prove raccolte a suo carico. «E' innocentissimo, non ha mai fatto male a una mosca», ha giurato il padre Natale. Anzi. Era «lui - ha raccontato- che tornava a casa pieno di lividi: quella notte ha dormito prima da mia nipote e poi da mia figlia». Ylenia, dopo le dimissioni dall’ospedale, non è mai tornata a casa ed è stata mandata in una casa famiglia. Ha perso il bambino che aspettava proprio per le ferite riportate.

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