MESSINA. Un comitato tecnico provinciale di Confindustria indagherà sull'effetto inquinamento e sulle possibili soluzioni per ridurlo a zero con una particolare attenzione all'area del Mela ma con lo sguardo rivolto anche all'area falcata e alle industrie esistenti nel capoluogo e nel resto della provincia. Non ci stanno gli industriali a passare per gli inquinatori e soprattutto non vogliono che si spari nel mucchio. L'obiettivo è quello di redigere un dossier. Bisogna capire come impatti l'attività industriale sulla comunità provinciale. E quali siano i correttivi da assumere. Non a caso la presidenza della commissione è stata affidata all'ingegnere Gaetano De Sanctis, direttore generale della Raffineria, un professionista con una lunga esperienza negli impianti dei poli petrolchimici di Priolo e Gela e con una lunga esperienza nel settore ma anche il direttore di uno degli impianti che, nel tempo, ha subito le maggiori contestazioni.
La commissione è stata nominata nei giorni scorsi dopo le notizie allarmanti che giungevano proprio dal Mela: dallo studio presentato all'Organizzazione Mondiale della Sanità e realizzato dall'equipe medica guidata dal farmacologo Francesco Squadrito per conto della Regione e dell'Università ai dati elaborati dall'Osservatorio epidemiologico della regione che ha messo in evidenza nel Mela l'aumento di almeno cinque patologie tumorali. A pesare molto i dati di Squadrito che hanno messo in evidenza le conseguenze sui bambini: metalli pesanti nell'urina e nel sangue e anomalie nel sistema produttivo.
"Noi viviamo lo stesso territorio che vivono coloro che giornalmente effettuano denunce e ci accusano di avvelenare l'ambiente. Accoglieremo i consigli e le considerazioni di quanti vorranno partecipare al nostro lavoro". De Sanctis sul caso "valle del Mela" mette le mani avanti: "Ognuno risponde per quello che fa. La raffineria ha investito e continua a investire in ambientalizzazione decine di milioni. Noi siamo totalmente in regola. Non abbiamo paura dei controlli. Non abbiamo paura delle centraline. Osserviamo quanto ci dice la legge". La raffineria che vede due soci, l'Eni e la Kuwait, raffina più del quaranta per cento del carburante che arriva ai distributori italiani. Dà lavoro a cinquecento dipendenti diretti e a 2000 lavoratori dell'indotto. Da tre anni, si legge nel sito ufficiale dove si parla di sostenibilità e di rispetto per l'ambiente, non si registrano incidenti.