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Capo d'Orlando, minacce anche a Galipò Nel mirino la gestione di Lampedusa

CAPO D'ORLANDO. Identiche procedure, identica busta, identica trafila (invio dal centro di smistamento di Milano Borromeo). Uguale anche la scritta sulla busta “Ama il tuo prossimo”. Di differente, rispetto alla busta arrivata al Centro di Prima Accoglienza di Lampedusa, c’è il destinatario. Il tre dicembre la strana lettera era arrivata al direttore del centro, l’orlandino Federico Miragliotta, questa volta, invece, la busta era indirizzata a Cono Galipò amministratore delegato di “Lampedusa accoglienza” autosospesosi dopo la bufera sollevata dalle immagini girate da un cittadino siriano circa le procedure di profilassi antiscabbia. Riprese che hanno fatto il giro del mondo sollevando dubbi sul trattamento degli stranieri. Per consentire di far chiarezza su eventuali comportamenti illegittimi da parte delle quattro cooperative che compongono la “Lampedusa Accoglienza” (due sono di Capo d’Orlando) Galipò ha lasciato l’incarico della società mentre le coop che la compongono continuano a svolgere il servizio. Così ieri mattina, come avvenuto venerdì scorso, il postino ha notificato la busta ai militari che svolgono servizio al centro di prima accoglienza e da questi la lettera è stata recapitata alla vice direttrice che attualmente si trova nella struttura visto che il direttore è in questi giorni a Capo d’Orlando. All’interno un semplice fazzoletto impregnato in sostanze organiche (forse sangue, forse escrementi). A stabilirlo saranno le analisi disposte anche in questo caso. Cono Galipò, non ha voluto rilasciare dichiarazioni “in quanto ci sono indagini in corso e non saprei proprio cosa pensare”. Ma in effetti pare chiaro come tutto sia riconducibile alla vicenda scoppiata prima delle festività natalizie dopo il video diffuso. Anche Federico Miragliotta giovane e stimatissimo direttore che a Capo d’Orlando in questi giorni è stato letteralmente tempestato di messaggi di solidarietà, preferisce non entrare nel merito delle minacce mentre qualche parola sulla vicenda video preferisce scambiarla solo con gli amici più stretti. Rigirando tra le mani centinaia di foto in cui gli operatori abbracciano e consolano quotidianamente gli immigrati in arrivo nell’isola avamposto d’Europa si limita a dire: “Non posso mostrarle per questione di privacy”. Ovviamente c’è un velo di ironia di fronte al fatto che le immagini del gruppo sottoposto al trattamento antiscabbia abbiano fatto il giro di tutte le tv e i giornali. “Parlerò dopo che le indagini avranno fatto chiarezza” conclude ma a chi gli chiede cosa pensi di Lampedusa e dei sei anni svolti lì consegna quattro fogli spillati: sono le copie di un articolo per la rivista Migrantes. Tra le sue parole in quell’articolo alcune righe che oggi appaiono attualissime “Al Centro Accoglienza di Lampedusa, spesso, non c’è tempo per le riflessioni, non c’è spazio e modo per esprimere le rabbia, il disappunto, l’impotenza forse, per tutta la sofferenza che si è abituati a vivere a contatto con uomini, donne e bambini che scappano, comunque scappano da una terra o da qualcosa”.

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