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Patti, il "caso" residenza per disabili psichici Il Tar condanna l’Azienda sanitaria

PATTI. Svolta clamorosa nella vicenda della residenza sanitaria assistita per disabili psichici di Case Nuove Russo, fatta costruire dall’Azienda sanitaria provinciale e mai entrata in funzione, nonostante i tanti miliardi delle vecchie lire spesi. Addirittura si erano ipotizzate alcune soluzioni: destinarla a sede del Liceo Scientifico o all’Ipab «Sciacca Baratta».
Adesso si è appreso, invece, che la Sezione staccata di Catania del Tribunale Amministrativo Regionale ha accolto il ricorso proposto da Carolina Greco, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonino Paleologo, contro l’Azienda Sanitaria n. 5 di Messina, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonino De Luca Zaccaro, chiedendo la condanna di quest’ultima al pagamento dell’importo dei danni causati, rivalutato sino alla data della decisione, per irreversibile trasformazione del terreno di proprietà della ricorrente medesima, con interessi fino all’effettivo pagamento.
La ricorrente è proprietaria del terreno su cui è stata realizzata la struttura sanitaria, occupato, in via d’urgenza, per la durata di cinque anni, dall’immissione in possesso il 9 maggio 1997, con la dichiarazione di pubblica utilità. Il termine quinquennale, tuttavia, è scaduto senza che venisse emesso il provvedimento conclusivo del procedimento ablatorio mentre, di contro, l’opera è stata realizzata. L’Ausl si è costituita in giudizio eccependo l’inammissibilità e l’improponibilità dell’azione esperita dalla ricorrente in quanto sarebbero state «invocate potestà nel giudizio incoato che non sussistono. In subordine ha rappresentato che pende «azione di condanna» davanti alla Corte di Appello di Messina relativamente al medesimo immobile, sicchè il Tar non potrebbe «procedere per evidenti ragioni di rito» e, in via ulteriormente subordinata, che venga sospeso il giudizio «sino all'esito definitivo del giudizio davanti alla Corte di Appello, principale e preventivamente adito» sostenendo ancora la propria carenza di legittimazione passiva «in quanto la procedura ablatoria è stata portata in essere dal Comune di Patti», ente che ha emesso l’ordinanza di occupazione provvisoria del terreno e, pertanto, è responsabile dell’omesso completamento del procedimento oblatorio.
Il Tar ha rigettato tutte le eccezioni dell’Azienda sanitaria e ordinato alla stessa di restituire alla ricorrente l’immobile occupato ovvero di acquisirlo, entro 60 giorni, secondo quanto previsto dal Testo Unico sulle espropriazioni, salvo ogni altra ipotesi di acquisto legittimo del bene stesso, con le conseguenze risarcitorie e indennitarie. Infine ha condannato l’Asp alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese di lite, liquidate in complessive 1.500 euro, oltre accessori di legge se dovuti, orinando che la sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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