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No alla chiusura del carcere di Mistretta: è braccio di ferro

MISTRETTA. Braccio di ferro per l'ipotesi di chiusura del carcere di Mistretta. Il Consiglio comunale torna sull'emergenza detenuti e approva all'unanimità un secondo documento contro la "paventata soppressione della Casa circondariale". Il dibattito e il voto in aula si sono svolti nei giorni scorsi e il Consiglio, presieduto da Piero Vincenzo Consolato, ha deliberato di chiedere un incontro urgente con il ministro della giustizia e il direttore dell'amministrazione penitenziaria.
Il sindaco Iano Antoci ha dichiarato di temere un provvedimento improvviso, che possa partire da Roma, in gran segreto, nella logica di evitare proteste e disordini. E ha sostenuto la necessità di "un ulteriore passaggio consiliare per inoltrare la richiesta al provveditore regionale e al ministro. Il Comune - ha sottolineato il primo cittadino - ha cercato di restituire dignità al carcere, ma la situazione è precaria a causa dello stato delle celle. Ci può essere l'impegno a realizzare anche in 48 ore il muro divisorio rispetto alla villa comunale, ma il carcere di Mistretta non può seguire le sorti di altre case circondariali, perché il territorio era già destinato a sede di una nuova struttura". È stata ribadita, quindi, l'urgenza di riprogrammare il progetto di un nuovo edificio e si è fatto appello ai parlamentari locali e al presidente della Regione per un intervento presso le autorità competenti, come già avvenuto in passato anche per il tentativo di procedere alla riapertura dei tribunali di Mistretta e Nicosia.
Dello stesso tenore gli interventi di tutti i consiglieri, preoccupati per le voci che circolano sull'imminente chiusura e intenzionati a sollecitare chiarimenti istituzionali sulla vicenda, per scongiurare la dismissione, mantenendo anche solo un minimo di posti. Il drastico piano dei tagli dell'amministrazione della Giustizia, in pieno clima di "spending review", già da qualche anno aveva colpito anche il vecchio edificio di Mistretta, come pure il Tribunale, cancellati da un decreto del ministro Paola Severino. Quest'ultimo, in occasione di una visita presso la struttura amastratina, un antico convento adattato a piccola casa circondariale, con meno di una cinquantina di detenuti, aveva rilevato alcune carenze, come la mancanza di riscaldamento e gli inadeguati servizi igienici, auspicando la possibilità di realizzare un edificio di media grandezza e capacità ricettiva, nello stesso circondario. Anche in passato, a seguito dei sopralluoghi di commissioni parlamentari, erano state evidenziate le critiche condizioni di vita dei carcerati. Poi era stata quantificata la spesa per un'eventuale nuova struttura, circa 40 milioni, ma senza trovare soluzione.

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