MESSINA. Test di Medicina: studenti riammessi e ateneo di Messina condannato a risarcire quasi 20 mila euro a candidato. L'ha deciso il Consiglio di Stato, che ha accolto le domande avanzate nel 2010 dagli avvocati Santi Delia e Michele Bonetti. Fino ad allora il concorso era stato gestito, secondo l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in maniera da «determinare de iure la radicale invalidità della graduatoria finale, senza necessità di accertare in concreto l'effettiva lesione dell'imparzialità in sede di correzione». Sino al 2010, spiegano i legali, i commissari d'Italia, per stesso ordine del Miur, sapevano a chi era abbinato il singolo codice segreto e l'anonimato non era affatto garantito. Solo quest'anno, a pochi giorni dalla prova di concorso dell'8 aprile, il Miur ha dettato nuove linee guida agli atenei.
«Avendo la vicenda - scrivono i giudici - evidenziato l'inadeguata e insufficiente organizzazione della prova di accesso programmato al corso di medicina, organizzazione evidentemente non rispettosa delle regole dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, regole che, se rispettate dall'Ateneo, avrebbero creato le condizioni di migliori prestazioni da parte delle ricorrenti secondo un parametro di comune esperienza, questo Collegio ritiene che sussista il nesso di causalità tra il comportamento tenuto dall'Università e l'evento in termini di qualità della prova sostenuta dalle odierne appellanti». L'Amministrazione, ricorda il Consiglio di Stato, «è, infatti, tenuta a comportarsi correttamente e imparzialmente nell'attuazione di un concorso per essere fedele agli obblighi e agli adempimenti contratti e assunti con l'indizione del concorso medesimo. Il venir meno a tali impegni la espone ad una forma di responsabilità per inadempimento con conseguente risarcimento del danno prodotto, anche indirettamente, nei riguardi di chi abbia subito la lesione».
Agli studenti spetta dunque non solo l'ammissione al corso di laurea ma anche il risarcimento del danno, quantificato in diecimila euro che dovranno essere pagati dall'università di Messina a favore di ciascun studente. Il Consiglio di Stato ha anche condannato l'Ateneo a pagare ulteriori diecimila euro per spese legali. Il maxi ricorso dell'Udi è stato avanzato dai legali per circa cinquemila studenti.
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