MESSINA. La richiesta di utilizzare le conversazioni telefoniche acquisite «illegittimamente» e senza alcuna autorizzazione sono una ulteriore prova di un «fumus persecutionis» attuato dalla magistratura messinese «nei miei confronti». Francantonio Genovese, deputato del Pd arrestato per l'inchiesta sulla formazione a Messina e poi posto, rapidamente, agli arresti domiciliari, ha inviato una memoria difensiva contro la nuova richiesta di utilizzo delle intercettazioni all'esame della Giunta della Camera. Genovese chiede alla Giunta per le autorizzazioni di non concedere il benestare alla magistratura in relazione all'uso delle intercettazioni che lo riguardano perchè si dice vittima di un ennesimo episodio di «fumus persecutionis» comprovato dal fatto che le indagini nei suoi confronti sono avvenute in violazione delle garanzie costituzionali sulla riservatezza delle comunicazioni private dei parlamentari.
Nella memoria trasmessa ai componenti della Giunta per le autorizzazioni a procedere, il deputato spiega che nella richiesta della magistratura di Messina «è evidente la manifestazione di quel fumus persecutionis ai miei danni, la cui sussistenza vi avevo chiesto di apprezzare, traendo ogni conseguenza in punto di garanzie predisposte dall'ordinamento in favore di ciascun parlamentare. È circostanza che ritengo difficilmente possa sfuggire persino al meno garantista, o se si preferisce, al più giustizialista dei colleghi deputati». Il deputato democratico spiega che «è pacifico che la suddetta attività di intercettazione, a prescindere dal risultato probatorio conseguito, per le modalità della sua esecuzione, è chiaramente rivelatrice di un uso distorto del potere giurisdizionale. È infatti di palmare evidenza che l'obiettivo dell'attività di indagine sono sempre stato io quale asserito ”capo e promotore”, secondo l'accusa, di un'associazione a delinquere composta peraltro, da soggetti a me vicini per evidenti ed inequivocabili ragioni affettive e/o politiche, anzi espressamente a me legati da vincoli di appartenenza politica e familiare». Genovese conclude così la sua memoria: «Ed è proprio attraverso la sistematica intercettazione delle utenze in uso ai miei familiari e collaboratori, gli inquirenti hanno di fatto, surrettiziamente captato le mie comunicazioni eludendo così le garanzie di cui agli articoli 68 Cost. e 4 L. 140/2003».
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