Messina

Martedì 24 Dicembre 2024

Mafia di Barcellona, l'omicidio di un autotrasportatore: dopo 20 anni arrestato il mandante

Con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio, il 4 maggio 1999, di un autotrasportatore, Martino Rizzo Carmelo, di 28 anni, avvenuto su una piazzola di sosta dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nei pressi di Lauria (Potenza), la Polizia ha arrestato Salvatore De Salvo (detto «Sam l’Americano), di 54 anni, ritenuto essere un esponente di rilievo del sodalizio mafioso operante a Barcellona Pozzo di Gotto. La Polizia ha eseguito l’arresto su disposizione della Procura distrettuale antimafia di Potenza in seguito alla sentenza della Corte di Cassazione sull'ordinanza di custodia cautelare in carcere accolta dal Tribunale del Riesame del capoluogo lucano. Nelle scorse settimane erano arrestati altri due uomini, Basilio Condipodero, di 45 anni, e l’altro mandante Giovanni Rao, di 58, sempre di Barcellona Pozzo di Gotto, i quali hanno chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato. Secondo le indagini coordinate dalla Dda di Potenza, l'omicidio ebbe lo scopo di «affermare ed agevolare» l’attività della cosiddetta «famiglia barcellonese». Furono De Salvo e Rao a ordinare l’omicidio a Condipodero, che agì insieme a Stefano Genovese, di 45 anni: quest’ultimo fu arrestato in Sicilia a metà settembre del 1999 e fu poi condannato dalla Corte di Assise di Potenza ed è tuttora detenuto. Rizzo fu ucciso con tre colpi di pistola: all’inizio si ipotizzò un omicidio a scopo di rapina, ma quando il cadavere fu rimosso furono trovati il portafogli dell’uomo (con circa due milioni di lire) e alcune carte di credito. L’uomo era partito dalla Sicilia con una motrice che trainava un grosso carrello: era diretto in Piemonte, dove avrebbe dovuto caricare una pala meccanica. L'autoarticolato di Rizzo era fermo in un’area di sosta dell’autostrada quando fu notato da una pattuglia della Polizia stradale. La cosca di Barcellona Pozzo di Gotto era «in stretto collegamento con esponenti palermitani e catanesi di cosa nostra». Il delitto di Rizzo fu ordinato punirlo del furto di un escavatore di proprietà di una ditta «protetta» dal clan mafioso, «a cui pagava tangenti a titolo di estorsione».

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