Quanto Ester Pantano ci tenga al ruolo di madrina del settantesimo Taormina Film Festival, che si apre stasera (12 luglio) con i Nastri d’Argento, si percepisce già dal messaggio di risposta alla richiesta di intervista: «Sono emozionatissima». Poi, al telefono, si dilunga: «Per me il 2012 è una data spartiacque. Sono venuta al Taormina Film Festival di quell’anno da studentessa di Lingue straniere all’università di Catania, come assistente del direttore artistico. Ho vissuto il dietro le quinte del Festival e, ovviamente, l’ho trovato affascinante e ho deciso di cambiare vita. Ho capito come dietro alle serate che si consumano in poche ore, ci sia un lavoro di mesi per la costruzione di uno spettacolo. Oggi è un onore farne parte. Al mare qui c’è la casa dei nonni, un rimando alle estati felici dell’infanzia e dell’adolescenza, quando frequentavo il Teatro antico da spettatrice. Un luogo evocativo. E poi questo Festival ha una sua storia lunga e affascinante». La fanciulla, catanese, passionale e stregata dalla musica e sua Sicilia, ma innamorata del deserto che sfida in moto, si definisce con orgoglio «una bambina felice, un’adulta consapevole e una professionista appagata», a suon di piacevoli sacrifici perché, se ami ciò che fai, non lavori un solo giorno. Le colleghe? Ha un debole per Frances McDormand – tre Oscar – e Monica Vitti. Incontrerà Sharon Stone e Nicolas Cage, over sessantenni d’assalto… «Sono due persone che si mettono in discussione. Lei mi sembra una persona autentica che non vive solo di cinema. Fare l’attrice è meraviglioso ma l’esistenza vera è fuori e di quella bisogna averne cura. La Stone è una donna che ha dimostrato di non temere né le avversità della vita né gli anni che passano». Quale delle donne che ha interpretato le appartiene di più? «Ho avuto la fortuna di aver interpretato donne sempre diverse, accomunate da un grande bisogno di indipendenza, di necessità di affermare i propri principi. E in questo mi ritrovo assolutamente. È fondamentale scegliere cosa essere non capitarci per caso». Il trasformismo del suo mestiere l’ha portata in questi giorni a calarsi nei panni di Francesca Morvillo nel film di Ricky Tognazzi e Simona Izzo Francesca e Giovanni. Mica uno scherzo… «Una responsabilità immensa, sono super orgogliosa di aver ottenuto questo ruolo. Sono molti a non conoscer questa icona della giustizia. E allora bisogna sollecitare le memorie labili, un lavoro che il cinema sa fare egregiamente. La difficoltà più grossa per me sta nel cercare di non cadere nello stereotipo dell’austerità perché c’è la Francesca Morvillo che arringa in tribunale ma c’è anche la Francesca con il suo lato umano fatto di tante fragilità che è molto interessante far emergere». Tempo di vacanze ma non per lei: se potesse, cosa porterebbe su un’isola deserta? «Un taccuino e la mia penna viola, colore non convenzionale che amo. E poi la macchina fotografica. E il mio cane Zigan». (anfi)