BARCELLONA POZZO DI GOTTO. Accade ancora nel 2014 e accade, purtroppo, anche a Barcellona Pozzo di Gotto. Non è una storia di altri tempi, ma una storia del nostro presente nella società civilizzata del benessere, una delle tante storie, sconosciute ai più. Accade così che a pranzo un ragazzino di 11 anni e la sua famiglia non abbiano nulla da mettere a tavola se non del pane raffermo con pomodoro. Questa è una delle tante, anzi tantissime storie di povertà "ordinaria" della nostra città, povertà che si associa spesso all'esclusione sociale, ma che, purtroppo, non fa clamore sui giornali. Solo uno dei tanti casi che abbiamo appreso attraverso i racconti dei responsabili della Croce Rossa cittadina e dell'Oratorio salesiano, i cui gruppi giovanile e famiglie, ogni ultima domenica del mese, raccolgono viveri per i bisognosi della città per poi distribuirli il sabato successivo.
Quella del ragazzino undicenne, che frequenta l'oratorio, è la storia di una famiglia molto umile. Il papà tenta di sbarcare il lunario, facendo dei lavoretti saltuari che, ovviamente, non gli permettono di soddisfare le necessità quotidiane della famiglia. La mamma è casalinga e non sta bene: alla depressione sono nel tempo sopraggiunti seri problemi di salute che le impediscono, talvolta, anche di accompagnare i figlioletti a scuola. Questo proprio perché, spesso, la miseria e gli stenti causano anche disagi psichici difficili da curare. E poi ci sono i bambini della coppia, che hanno undici e cinque anni. Proprio il primogenito, di frequente, avvicina qualcuno degli operatori dell'oratorio per chiedere se la sera può portare una "busta" di viveri a casa, per evitare di andare a letto senza cena, dopo aver saltato molto spesso anche il pranzo.
La povertà è anche sinonimo di solitudine e di disperazione totale, quella che nasce dalla consapevolezza di non poter incidere sul proprio destino come si vorrebbe, di non poter aiutare i propri figli a crescere in maniera dignitosa e spesso anche a sopravvivere. Sentimenti che si leggono negli occhi di una mamma, che vorrebbe, ma non può, trovare una soluzione per curare la malattia della figlioletta, non solo perché si tratta di una patologia rara, ma anche perché, il più delle volte, non dispone del denaro necessario a sostenere le spese dei continui viaggi della speranza verso Roma e Genova.
Storie ordinarie di genitori che non riescono a garantire ai propri figli il necessario per vivere e per godere di un'educazione scolastica adeguata, che non sono in grado neppure di comprare loro i quaderni e le penne per scrivere. Storie che riguardano non solo persone vissute da sempre in contesti di disagio sociale, ma anche individui provenienti da esperienze pregresse di lavoro dignitoso e ben retribuito, che da qualche anno la crisi ha gettato sul lastrico. Si tratta dei nuovi poveri, come l'esodato che quotidianamente si rivolge all'oratorio salesiano, di quelli che non sono abituati a chiedere e che spesso lo fanno a fatica, quasi domandando scusa.
"Questo e tanti altri fanno parte di una fila interminabile di individui - afferma don Luigi Perrelli, direttore dell'oratorio salesiano - che ogni giorno ci rivolgono le richieste più disparate, dai viveri al vestiario, dalle medicine alla domanda di sostegno per affrontare visite specialistiche. Richieste a cui riusciamo a far fronte solo grazie alla generosità di alcune famiglie, che frequentano l'oratorio e che danno per gli altri non il superfluo, ma qualcosa del loro necessario. Ovviamente da soli non riusciamo ad accontentare tutti". "Il volontariato - conclude don Luigi Perrelli - non può né deve sostituirsi alle istituzioni. Purtroppo, spesso in città le varie associazioni o parrocchie che operano nel settore lo fanno in maniera autonoma ed isolata, senza alcun coordinamento e senza così poter fattivamente aiutare tutti. Sarebbe, invece, opportuno creare una rete, in maniera tale da poter disporre di tante braccia allargate all'intera città, con il sostegno soprattutto dei servizi sociali del Comune, che dovrebbero almeno individuare i casi di maggiore bisogno e disagio".
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