MESSINA. Un’organizzazione quasi a livello imprenditoriale in grado di mettere in piedi un grosso traffico di droga. Lo hanno ripetuto più volte gli investigatori nel corso della conferenza stampa sull’operazione “Vicolo cieco” che ha portato a 28 arresti, 23 in carcere e 5 ai domiciliari dando “un colpo quasi definitivo agli affari del clan di Mangialupi”. L’operazione, che ha smantellato il gruppo capeggiato da Alfredo Trovato del rione Mangialupi, è il risultato di indagini attente condotte dalla Squadra mobile che ha utilizzato metodi di intercettazione ad alta tecnologia, con l’uso di particolari microspie e videocamere piazzate addirittura tra la vegetazione di un vicoletto dove gli indagati parlavano liberamente convinti di non essere ascoltato. L’indagine tuttavia ha avuto anche un contributo dei collaboratori di giustizia. Hanno parlato con il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Verzera che ha coordinato le indagini, del traffico di droga che ruotava attorno al rione Mangialupi. Ad Alfredo Trovato gli investigatori non arrivano subito, le indagini infatti sono state avviate a seguito delle dichiarazioni rese nel 2011 dal collaboratore di giustizia Francesco Comandè che, dopo l’uccisione del suoi cugini (i fratelli Giacalone), avvenuta nel 2006 aveva detto di essersi avvicinato ai fratelli Schepis. Gli investigatori hanno quindi cominciato a monitorare questi ultimi scoprendo, come scrive il gip Antonino Genovese nell’ordinanza, l’esistenza “di un sodalizio dedito al traffico di sostanze stupefacenti gestito dai fratelli Schepis con addentellati sul territorio calabrese”. Ma non solo, “la congrega – scrive ancora il gip – disponeva altresì di canali alternativi di rifornimento sul territorio catanese, grazie ai rapporti intessuti da Schepis Basilio con malavitosi di quelle zone”. Allargando ulteriormente le indagini si arriva anche a Trovato. ALTRE NOTIZIE NEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA