MESSINA. Confermata anche in appello la condanna ad un giovane che avrebbe ucciso il padre mettendo in scena il suicidio tramite impiccamento. Una storia tragica, in un contesto di degrado, al centro di un processo che in primo grado si era concluso con la condanna a 24 anni per Benito Romeo accusato di omicidio. Avrebbe ucciso il padre Santi strangolandolo al culmine di un litigio avvenuto nella loro abitazione di Camaro, poi avrebbe fatto credere che si era tolto la vita. Adesso la Corte d'Assise d'Appello ha confermato la condanna per il giovane. E' prevalsa la tesi dell'omicidio e non quella del suicidio come si era pensato nei primissimi momenti. Il quadro iniziale cambiò con i risultati dell'autopsia che rivelarono che l'uomo non si sarebbe tolto la vita con una corda appesa ad una trave, ma sarebbe stato ucciso. Nulla di nuovo è quindi emerso dal processo di secondo grado ma per la difesa, invece, rappresentata dall'avvocato Filippo Cusmano, c'erano i margini per poter riaprire l'istruttoria dibattimentale. Il legale, infatti, aveva chiesto alla Corte una perizia medico legale su questioni che, ha sostenuto, non erano state affrontate nel corso del processo di primo grado. In particolare, da sue ricerche, il legale aveva rilevato che in caso di strozzamento si verifica anche la rottura della cartilagine cricoidea, una cartilagine che si trova all'altezza del pomo di Adamo, una perizia avrebbe accertato se si era verificata o meno. La Corte d'Assise d'Appello, presieduta dal giudice Maria Pina Lazzara non ha ritenuto di accogliere la richiesta di riaprire l'istruttoria e si è proceduto con la discussione delle parti e la sentenza.