REGGIO CALABRIA. E' stato messo sotto tutela il figlio del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, protagonista, suo malgrado, di un episodio dai contorni ancora misteriosi ma che viene affrontato con la massima attenzione dalle forze dell'ordine.
La decisione, secondo quanto si è appreso, è stata presa in sede di Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica dopo che due persone incappucciate hanno suonato al campanello dell'edificio in cui abita a Messina, spacciandosi per poliziotti.
E' stato rafforzato anche il dispositivo di tutela del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri che da anni è sotto scorta per le tante minacce ricevute nel corso della sua attività di magistrato impegnato nella lotta alla 'ndrangheta, ai traffici internazionali di droga, ed ai rapporti con i cosiddetti colletti bianchi.
LE INDAGINI. Gli investigatori chiamati a chiarire l'episodio, ancora oscuro, avvenuto mercoledì scorso a Messina starebbero cercando di verificare se alcune delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona possano avere ripreso immagini utili alle indagini. Nel frattempo, anche se nessuna ipotesi viene al momento esclusa, l'idea degli investigatori - secondo quanto si è appreso - è che si sia trattato di un modo subdolo della 'ndrangheta per lanciare un messaggio a Gratteri, impegnato in delicate indagini sulle cosche ed i loro rapporti con i cosiddetti "colletti bianchi" oltre all'attività nel narcotraffico. Ad una prima lettura dell'episodio, infatti, pare strano che i due abbiano suonato solo casualmente al campanello del figlio di Gratteri. Inoltre si sono presentati come agenti di polizia che - altra circostanza che difficilmente viene ritenuta una casualità - è il Corpo che cura la scorta del magistrato. I due, una volta al piano del figlio di Gratteri sarebbero poi fuggiti, forse perché si sono resi conto che davanti la porta d'ingresso dell'appartamento c'è un cancello metallico che era chiuso. E' confermato che i due non abbiano detto niente, ma questo, a giudizio degli investigatori, non renderebbe meno credibile l'ipotesi di un "avvertimento", visto che - viene evidenziato in ambienti vicino alle indagini - la 'ndrangheta opera spesso con "gesti". Le indagini sull'episodio sono condotte dai carabinieri di Messina con il coordinamento della Procura siciliana.
L'INTERROGAZIONE. I parlamentari 5 stelle hanno presentato alla Camera un'interrogazione al ministro dell'Interno sul recente episodio che ha riguardato il figlio del magistrato Nicola Gratteri, chiedendo conto delle misure di sicurezza nei confronti dell'intera famiglia. Per Dalila Nesci, Nicola Morra, Paolo Parentela, Federica Dieni e Laura Ferrara, parlamentare Ue dei 5 stelle, "nulla va sottovalutato, quando c'è di mezzo l'impegno vero contro la criminalità organizzata". "Il dottor Gratteri - sostengono i parlamentari 5 stelle - è tra i magistrati più esposti e impegnati contro la 'ndrangheta. Il recente episodio capitato a suo figlio è di estrema gravità, perché ha le caratteristiche di un segnale, pericoloso e perfino macabro. Gratteri ha lavorato per l'emancipazione da una cultura mafiosa largamente diffusa nel Paese. L'ha fatto sia come pubblico ministero che come prezioso divulgatore, portando avanti, con la professione e con i libri scritti insieme al giornalista Antonio Nicaso, un messaggio di legalità evidente; anzitutto a sostegno dell'etica e dell'onestà, in un tempo di caos, cancellazione dei diritti e pedagogia della violenza". "Gratteri - concludono Nesci, Morra, Parentela, Dieni e Ferrara - è entrato nella scuola e ha parlato ai giovani da uomo dello Stato, testimone di una lotta incessante alla 'ndrangheta, in primo luogo culturale. È dunque una figura scomoda, perché coerente, autorevole e inattaccabile. Noi vigileremo per l'incolumità sua e dei familiari, senza abbassare la guardia".
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