MESSINA. I carabinieri hanno eseguito stamani a Messina due ordini di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti esponenti di spicco del clan Trischitta, accusati di essere i mandanti dell'omicidio di Francesco La Boccetta, avvenuto a Messina il 13 marzo del 2005. L'inchiesta, denominata 'Calispera' e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, ha fatto luce sull'uccisione di La Boccetta, che causò in seguito una serie di omicidi e ferimenti. Una sanguinosa guerra di mafia scongiurata solo dagli arresti delle operazioni 'Ricarica' e 'Mattanza', eseguite dai militari dell'Arma. Gli investigatori hanno inoltre eseguito numerose perquisizioni in vari quartieri della città, nei confronti di sospettati di appartenere alla criminalità organizzata. Le persone nei confronti delle quali i carabinieri hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere con l'accusa di essere i mandanti dell'omicidio di Francesco La Boccetta sono Giuseppe Pellegrino, 53 anni, e Angelo Bonasera, 51 anni. La Boccetta era un personaggio noto nel panorama della criminalità mafiosa messinese; faceva parte del clan capeggiato da Pietro Trischitta. Era stato più volte arrestato e denunciato per associazione mafiosa, reati contro il patrimonio, detenzione e porto abusivo di armi, estorsioni, traffico e spaccio di stupefacenti. La decisione di ucciderlo sarebbe stata presa all'interno del carcere di Gazzi, da Marcello D'Arrigo, Salvatore Centorrino, Daniele Santovito, Angelo Bonasera e Giuseppe Pellegrino. L'omicidio sarebbe stato deciso per punire La Boccetta per aver tradito il proprio clan avvicinandosi a quello di Santo Ferrante e per avere diffuso la falsa notizia secondo la quale altri esponenti del gruppo criminale si erano appropriati di una grossa partita di cocaina che, invece, lui stesso aveva fatto spacciare per conto proprio. Inoltre, alla vittima era stata anche addebitata una scarsa attenzione nel sostentamento delle famiglie degli affiliati detenuti. Per l'omicidio di Francesco La Boccetta erano stati già condannati all'ergastolo con sentenze irrevocabili Gaetano Barbera, ritenuto uno degli autori materiali, Marcello D'Arrigo e Daniele Santovito, individuati come mandanti. Anche Salvatore Centorrino, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia, è stato condannato a dodici anni di reclusione, per essere stato anche lui uno dei mandanti.