Messina

Lunedì 23 Dicembre 2024

Corse clandestine e mafia: 23 arresti. Coinvolto vicepresidente del Messina calcio - Nomi e foto

MESSINA. Polizia e carabinieri hanno eseguito 23 ordinanze di custodia cautelare (una persona è irreperibile)nei confronti di presunti esponenti del clan mafioso Giostra di Messina, che avrebbero gestito, tra le altre attività illecite, un vasto giro di scommesse clandestine. L'operazione, chiamata Totem e coordinata dalla direzione distrettuale antimafia (Dda) di Messina, ha riguardato le province di Messina, Catania, Enna, Mantova e Cagliari. I destinatari del provvedimento (venti in carcere, tre ai domiciliari e uno con l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, detenzione illegale di armi, esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa, corse clandestine di cavalli e maltrattamento di animali, aggravati dalle modalità mafiose. E’ stata scoperta nel corso delle indagini dell’operazione la complicità di un amministratore giudiziario, Giovanni Bonanno, che arebbe permesso ai membri del clan Giostra di Messina la gestione di imprese confiscate nel 2012. In particolare sarebbero stati gestiti lo stabilimento balneare “Al pilone” e la società di distribuzione di videopoker e raccolta dei proventi del gioco “Eurogiochi”. Anche un manager, Antonio D’arrigo, si sarebbe occupato della discoteca “Il glam” e di alcuni stabilimenti balneari, tutti riconducibili alla famiglia anche se intestati a soggetti insospettabili. L’operazione è stata condotta dai poliziotti della Squadra Mobile di Messina e i carabinieri del Comando Provinciale di Messina che ha eseguito 24 provvedimenti emessi dal gip di Messina Monica Marino su richiesta dei pm della Direzione distrettuale antimafia, Maria Pellegrino, Liliana Todaro e Fabrizio Monaco. Le persone arrestate sono ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, detenzione illegale di armi, esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa, corse clandestine di cavalli e maltrattamento di animali. Sono stati sottoposti alla custodia cautelare in carcere: Luigi Tibia, di 42 anni; Calogero Smeriglia, di 41 anni, Giuseppe Molonia, di 27 anni, Paolo Aloisio, di 37 anni, Teodoro Lositano di 46 anni, Vincenzo Misa, di 31 anni, Antonio Musolino, di 38 anni, Massimo Bruno, di 37 anni, Roberto Lecca, di 37 anni, Eduardo detto Aldo Morgante, di 57 anni, Luciano De Leo, di 37 anni, Paolo Mercurio, di 23 anni, Giuseppe Schepis, di 39 anni, Francesco Gigliarano, di 43 anni, Francesco Forestiere, di 41 anni, Carmelo Salvo, di 43 anni, Carmelo Rosario Raspante, di 56 anni, Antonino Agatino Epaminonda, di 49 anni. Sono stati sottoposti agli arresti domiciliari: Maddalena Cuscinà, di 39 anni, Antonino D’arrigo, di 35 anni, Pietro Gugliotta Pietro, di 55 anni. E’ stato sottoposto alla obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria Giovanni Bonanno, di 49 anni. Le forze dell’ordine stanno cercando ancora una persona che non è reperibile. Tra i coinvolti c'è anche Pietro Gugliotta, di 55 anni, vicepresidente del Messina calcio. E' stato posto ai domiciliari.  Il comandante provinciale carabinieri di Messina, Iacopo Mannucci Benincasa ha espresso la sua soddisfazione per il risultato dell’operazione: “I carabinieri hanno restituito oggi allo Stato quei beni confiscati che, grazie alla complicità dei loro amministratori giudiziari, erano rimasti nelle mani delle cosche messinesi. Si tratta di società e imprese, tra cui alcuni stabilimenti balneari e numerose sale scommesse, sottratte alla mafia già nel 2011, che continuavano ad essere gestiti direttamente – insieme a vari ristoranti, discoteche e impianti sportivi del capoluogo – da alcuni prestanome dei “clan”, garantendo ogni mese introiti illeciti per centinaia di migliaia di euro. Noi crediamo che il sequestro dei beni della mafia continui a rappresentare uno degli strumenti più efficaci per il contrasto a “cosa nostra”, ma occorre combattere anche l’infedeltà di quegli amministratori giudiziari, pagati da tutti i cittadini, che rischia di vanificare gli sforzi compiuti in questo settore”.

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