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Processo "Patti e Affari", appello della procura contro le assoluzioni

La Procura della Repubblica di Patti ha presentato appello contro la sentenza del processo «Patti e Affari» dello scorso 28 giugno, con la quale i giudici, in composizione collegiale, hanno emesso 7 condanne e assolto 22 imputati.

Nell’inchiesta veniva contestata l'associazione a delinquere finalizzata a reati contro la pubblica amministrazione, la turbativa d’asta, la frode in pubblici servizi e la truffa aggravata, nell’ambito dell’affidamento degli appalti per i servizi socio assistenziali nel distretto socio-sanitario D30, nel periodo compreso tra il 2008 ed il 2013.

La revisione della sentenza è stata chiesta per Giuseppe Mauro Aquino, sindaco di Patti; Antonino Lena, ex vice sindaco; Francesco Gullo, ex vice sindaco nell’amministratore Venuto; Nicola Molica, ex assessore ai Servizi Sociali ed oggi presidente del Consiglio; Renato Cilona, ex primo cittadino di Librizzi; Tindaro e Nicola Giuttari, padre e figlio, rispettivamente imprenditore del settore delle cooperative sociali ed ex consigliere comunale; Salvatore Colonna, impiegato comunale condannato in primo grado a 6 anni e 4 mesi per alcuni capi d’imputazione; Luciana Panissidi, funzionaria del Comune di Patti; Cappadona Michele, imprenditore nel settore delle cooperative sociali; Di Dio Calderone Gaetano; Caleca Antonino e Tumeo Maria, tutti assolti con la formula «perché il fatto non sussiste».

Per la Procura i giudici di primo grado hanno travisato, in qualche caso valutato parzialmente o in modo errato, gli elementi di prova raccolti dalla polizia giudiziaria del locale commissariato. Nel caso dell’affidamento della gara per il servizio di assistenza domiciliare agli anziani per l'anno 2012, ad esempio, secondo il pm Giorgia Orlando, che ha firmato l’appello insieme al procuratore Angelo Cavallo, la lettura delle carte da parte dei giudici è «stata quantomeno parziale e, quindi, la conseguente motivazione illogica e contraddittoria, posto che da una lettura adeguata delle prove acquisite non si può non affermare che le condotte deliberate degli imputati abbiano influito sulla scelta del metodo di selezione del contraente, mettendo in pericolo la correttezza e l'imparzialità della proceduta di individuazione dell’assegnatario». ANSA

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