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Riti magici e preghiere in cambio di denaro, sgominata rete di falsi cartomanti a Patti

Sette persone sono state arrestate dalla polizia giudiziaria della procura di Patti, con l'ausilio dei commissariati di polizia di Capo d'Orlando e Patti, con le accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere, truffa aggravata, violenza privata e tentata estorsione.

In carcere sono finiti Elvira Parisi, Gino Paterniti, Doina Negru Rodica e Lidia Messina. Sono stati posti agli arresti domiciliari, invece, Teresa Prinzi e Rosario Lombardo Facciale. Nei confronti di un ottavo indadato, al momento non reperibile la misura cautelare è in corso di esecuzione.

Il provvedimento cautelare è stato emesso dal GIP del Tribunale di Patti, Eugenio Aliquò, su richiesta dei Sostituti Procuratori Alessandro Lia e Federica Urban.

Le indagini, andate avanti per due anni e avvalorate da intercettazioni telefoniche e testimonianze, hanno svelato l’esistenza di un'organizzazione criminale con base operativa a Santo Stefano di Camastra, ma attiva sull’intera provincia, alla cui guida ci sarebbero stati Elvira Parisi e Gino Paterniti. I due, spacciandosi per “maghi” e cartomanti, dotati di poteri occulti ed esoterici, agganciavano le ignare vittime, le convincevano dei loro poteri “magici” e le inducevano a versare forti somme di denaro in cambio delle loro “presunte” prestazioni professionali.

Le indagini hanno preso il via grazie alla denuncia di una delle vittime finite nella rete, C.M.F., la quale ha raccontato agli inquirenti di avere versato centinaia di migliaia di euro al gruppo. Dalle intercettazioni telefoniche, concentrate nell'estate 2017, è emerso il “modus operandi” degli indagati. Questi ultimi adescavano vittime particolarmente fragili e sole, cercando di ottenere la loro fiducia attraverso lunghe telefonate ad ogni ora del giorno e della notte, nel corso delle quali, fingendo solidarietà e comprensione, si arrogavano poteri sensitivi straordinari, in base ai quali paventavano l’esistenza di gravi ed immediati pericoli. E' a questo punto che venivano proposti come metodi risolutivi i "rituali magici". In cambio di tali prestazioni, costoro si facevano consegnare cifre esorbitanti in denaro, erogato in contante o attraverso ricariche su carte prepagate. I rituali magici o riti esoterici venivano sempre prospettati come molto costosi, perché bisognevoli di materiali speciali e talismani (“Il materiale esoterico costa!!”), nonchè come condizione imprescindibile per la rimozione del grave male, del “malocchio” o della “fattura”.

I riti, a volte, servivano anche a mettere a tacere definitivamente “voci e dicerie di paese” pericolose per la reputazione della vittima (per. es. relazioni extraconiugali) e comprendevano anche la consegna di “talismani”, ossia oggetti di vario tipo (collanine, portachiavi, braccialetti, pietre vulcaniche) che dovevano essere utilizzati secondo precise istruzioni: così, ad esempio, un braccialetto doveva essere indossato per ventiquattro ore consecutive, compresa la notte, e l’indomani doveva essere gettato in mare.

I talismani, i riti o le formule, in altri casi, dovevano servire a conquistare o “riconquistare” la donna di cui la vittima si era innamorata o a mantenerne la buon salute (“Allora senti, qui io ora, quando chiudo, ti mando direttamente una foto di una formula che tu dovresti fare, se hai la possibilità, questa notte. Alle ore tre in punto... E ci vorrebbe un tre vie, cioè una strada che si fa con tre... strade, un incrocio va.. l'importante che siano tre strade, che non sia a quattro, capito?.. magari ora più tardi, se puoi, dovresti comprare tre palmi di fettuccia nera… alle tre di notte devi andare nel trivio, ti devi smanicare il braccio sinistro a carne nuda, e dire ad alta voce: “diavolo…”). Successivamente gli indagati, al minimo sospetto che le vittime, scoperti i loro inganni, cercassero di uscire dal circolo vizioso in cui erano incorse, passavano a vere e proprie intimidazioni nei loro confronti; in particolare, le minacciavano che, se avessero smesso di pagare o avessero denunciato i fatti, avrebbero scagliato al loro indirizzo, e a quello delle loro famiglie, ogni sorta di maleficio e negatività (“il rito”) o comunque generato nei loro confronti temibili fenomeni paranormali (presenza soprannaturale di acqua e di rumori, stato ipnosi, etc.), a volte anche con l’ausilio di operatori dell’occulto ancora più potenti e pericolosi, come un tale “Valentino” (“…le interferenze le faccio io, i numeri telefonici, anche quello di tua sorella, che so il numero di cellulare se voglio, anche a quello di tua madre se voglio, che lo hai tolto il numero di cellulare, l’ipnosi, i soldi te lo sei dimenticata quando te li facevo scomparire da casa..?.. I rumori che ti facevo fare..? L’idraulica e l’acqua che ti usciva, erano fenomeni degli alieni..?!!! Erano i marziani!!!? vuoi questa sera che ti faccio rimbombare qualcosa?! Così ti ricordi di Valentino? non è una minaccia… per farti ricordare che il paranormale esiste!!”).

In alcuni casi gli odierni indagati hanno ricattato le loro vittime, minacciandole che avrebbero divulgato tutte le informazioni “compromettenti” di cui erano venute in possesso.

Il gruppo era caratterizzato da una ben precisa ripartizione dei ruoli: a capo del sodalizio criminale vi erano Elvira Parisi e Gino Paterniti, detto “il conte”, promotori ed organizzatori della compagine associativa, i “perni” del sodalizio, fantomatici operatori dell’occulto, in continuo contatto tra loro, i quali si consigliavano sulle migliori “strategie” da adottare per “gestire” i clienti, che sovente si scambiavano, ripartendosi in percentuale i guadagni così illecitamente ottenuti. Doina Negru Rodica svolgeva un ruolo di collegamento tra i due capi e forniva assistenza nell’attività esoterica, interpretava il ruolo della fantomatica “Alessia” (donna dall’accento straniero) per la circonvenzione delle vittime, metteva a disposizione la propria carta Postepay per riceverne i pagamenti. Lidia Messina invece forniva assistenza alla Parisi, fornendole costante assistenza, dandole suggerimenti e consigli, individuando, procacciando e gestendo numerose vittime, interpretando in alcuni casi il ruolo della fantomatica “Ester”.

Teresa Prinzi, detta “Titti”, nipote della Parisi, forniva assistenza alla propria zia nella circonvenzione di diverse vittime. Rosario Lombardo Facciale, detto “Carlo”, dapprima assumeva il ruolo di vittima e, successivamente, di consociato, procacciava nuovi clienti, interpretando anche il ruolo di intermediario. Gaetano Capra, “Tanino”, dapprima “vittima” e poi divenuto il compagno della Parisi, si occupava di ritirare il denaro contante; anche egli era intestatario di una delle carte prepagate su cui avvenivano le ricariche.

Le vittime, per procurarsi la liquidità necessaria a soddisfare le incessanti richieste degli indagati, non solo attingevano a tutti i loro risparmi, vendendo gioielli, attrezzature di lavoro (in un caso, addirittura, un intero allevamento di bestiame) e persino immobili di proprietà (le stesse case di abitazione), ma erano costrette anche a contrarre gravosi debiti con amici e parenti (ai quali tacevano il reale motivo del prestito), fino a contrarre debiti a tassi usurari che non riuscivano poi ad onorare.

Per ogni consulenza/rito, i malcapitati clienti versavano una “parcella” di qualche centinaio di euro, fino ad arrivare a corrispondere, nel corso del tempo, in totale, cifre anche superiori ai 10.000 euro. Nei casi più gravi, due vittime hanno consegnato, rispettivamente, oltre un milione di euro e 70.000 euro.

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