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Mafia: a processo per l'operazione "Nebrodi" oltre cento indagati

La 'mafia dei pascoli' alla sbarra. Si è conclusa con oltre un centinaio di rinvii a giudizio l’udienza preliminare dell’operazione «Nebrodi», l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina che ha puntato i riflettori su un sistema di truffe all’Agea su cui ruotavano gli interessi dei clan mafiosi tortoriciani. Il rinvio a giudizio è stato disposto dal gup Simona Finocchiaro che ha letto il dispositivo nell’aula bunker del carcere di Gazzi dove si è svolta l’udienza preliminare.

L’inizio del processo che è stato fissato per il 2 marzo prossimo davanti al Tribunale di Patti, per ragioni logistiche si svolgerà nell’aula bunker. Stralciate alcune posizioni per difetto di competenza e inviate a Catania. Si chiude dunque l’udienza preliminare che inizialmente contava 133 indagati di questi 4 hanno deciso di patteggiare altri 7 di procedere con l’abbreviato. Qualcun’altro è stato stralciato per problemi di notifica. La maggior parte ha scelto l’ordinario proseguendo con l’udienza preliminare.

L’accusa rappresentata dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dai sostituti Fabrizio Monaco, Francesco Massara e Antonio Carchietti, aveva chiesto il rinvio a giudizio. Numerose le parti civili. L’operazione «Nebrodi» è scattata a gennaio con 94 arresti, 48 in carcere e 46 ai domiciliari per associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento a seguito di incendio, uso di sigilli e strumenti contraffatti, falso, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, truffa aggravata. Accertamenti condotti dai carabinieri del Ros hanno ricostruito il nuovo assetto del clan dei Batanesi operante nella zona di Tortorici.

C'è poi un altro filone di indagine condotto dalla Guardia di Finanza che si è concentrato sulla costola del clan dei Bontempo Scavo. Dall’indagine è emersa un’associazione mafiosa molto attiva capace di rapportarsi, nel corso di riunioni tra affiliati, con organizzazioni mafiose di Catania, Enna, e il mandamento delle Madonne di cosa nostra palermitana. L’inchiesta ha scoperto che l’interesse principale dell’organizzazione mafiosa presente nel territorio era di ottenere contributi comunitari concessi dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. In particolare, gli investigatori hanno accertato, a partire dal 2013, la percezione di erogazioni pubbliche per oltre 10 milioni di euro.

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