Deve assistere il genitore disabile, ok al trasferimento di una docente dall'Emilia a Messina
Il Tribunale del Lavoro di Messina, con provvedimento del 31 agosto 2021, ha accolto il ricorso patrocinato dagli avvocati Santi Delia e Michele Bonetti, e disposto l’“immediato trasferimento interprovinciale” dall’Emilia Romagna alla città di Messina di una docente in virtù della legge 104. La docente, assunta a tempo indeterminato già dal 2016 richiedeva ai sensi della legge 104/92 - in quanto unica referente per la madre portatrice di handicap - il trasferimento presso una delle sedi di preferenza dalla stessa indicate che le avrebbero concesso di riavvicinarsi e prendersi cura della familiare. In occasione del giudizio i legali hanno messo in luce come “il Ccni nel riconoscere il diritto di precedenza solo per i trasferimenti all’interno della provincia e non anche interprovinciale - ha illegittimamente compresso e compromesso interessi primari costituzionalmente garantiti che non possono certamente essere disattesi né dalle esigenze organizzative del comparto scuola né da qualsivoglia scelta discrezionale del datore di lavoro né dalla contrattazione collettiva o dalla normativa regolamentare”. Argomentazioni - all’evidenza - fatte proprie dal Tribunale che del tutto innovativamente si è fatto carico di spiegare le ragioni per le quali il recente, opposto, indirizzo fatto proprio dalla Corte d’Appello di Messina e dalla Corte di Cassazione, “non appare convincente”. In particolare, ha sottolineato il Tribunale, i pur autorevoli precedenti non si fanno carico di spiegare “perché ai fini del trasferimento debbano considerarsi meno pressanti le esigenze di assistenza di un genitore disabile e quindi meno grave la situazione del figlio che lo assiste”, ed ancora quanto all’orientamento fatto proprio dalla Corte d’Appello di Messina – perché “l'assistenza al genitore, in quanto legata ad una aspettativa di vita inferiore, può trovare piena tutela nelle operazioni limitate all'anno scolastico” e non con la precedenza prevista dalla Legge. Secondo il Tribunale, aderendo alla tesi dei legali, “il criterio della maggiore o minore “aspettativa di vita” (diversamente da quello delle “categorie di menomazione”, legato alla gravità dell’handicap e alle connesse esigenze di assistenza, adottato dalla sentenza n. 585/2016 Cass. richiamata dalla Corte) implicitamente introdotto dalla norma pattizia appaia aleatorio e discutibile, in quanto finisce col determinare una disparità di trattamento tra situazioni, quelle dei genitori, tutori e coniugi da un lato e quelle del figlio dall’altro, che astrattamente (a parità di intensità del bisogno dell’assistito) sembrano identiche e parimenti meritevoli di tutela; tale arbitraria differenziazione, non espressamente prevista dal legislatore, non appare quindi né ragionevole né legittima, non potendo una simile compressione dei diritti del docente e in sostanza del disabile - determinata dalla considerevole limitazione delle disponibilità di sedi all’esito dei trasferimenti provinciali e interprovinciali - essere introdotta da una norma meramente attuativa di grado inferiore”.