«Non presenta elementi clinicamente rilevanti tali da configurare un quadro nosograficamente definito in ambito psichiatrico». E ancora: «Detta condizione non raggiunge i criteri per poter essere considerata malattia in senso medico legale tale da ridurre grandemente o escludere la capacità di intendere o volere e il soggetto andrebbe valutato come imputabile». Ecco i due passaggi fondamentali della perizia psichiatrica su Antonio De Pace, l’infermiere calabrese 28enne reo confesso dell’uccisione della fidanzata Lorena Quaranta, di Favara, avvenuta il 31 marzo del 2020 durante il primo lockdown. Lorena aveva 27 anni ed era prossima alla laurea, frequentava Medicina all'Università di Messina, I due vivevano a Furci Siculo, nel Messinese, dove si consumò il delitto. Lorena venne strangolata.
La perizia è stata affidata dalla Corte d’assise di Messina nell’ottobre del 2021 al professor Stefano Ferracuti, ordinario di Psichiatria e criminologia all’Università La Sapienza di Roma per verificare la capacità di intendere e di volere del giovane al momento del femminicidio e durante il processo. Adesso la perizia è stata depositata, e il clinico conclude sostanzialmente per una capacità da parte di De Pace di stare in giudizio, questo perché «non ha una anamnesi di disturbi psichiatrici».
A richiedere di analizzare le condizioni mentali dell’imputato è stato il pm Roberto Conte, sulla base della perizia di parte depositata dalla difesa di De Pace, rappresentata dai legali Bruno Ganino e Salvatore Silvestro. Dal canto suo, la difesa di parte civile ha individuato come proprio consulente il dottor Domenico Micale, mentre quella di De Pace ha deciso di affidarsi alla dott. Giusy Fanara. Ad assistere, invece, la famiglia della vittima in questa triste vicenda è l’avvocato Giuseppe Barba.
Caricamento commenti
Commenta la notizia