Messina

Sabato 28 Dicembre 2024

Tragedia a Milazzo, agente penitenziario si toglie la vita

Un assistente capo coordinatore del corpo di polizia penitenziaria - G.A., 55 anni, sposato e senza figli - in servizio nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto, si è tolto la vita questa mattina. L’uomo era in convalescenza per le ferite riportate a seguito dell’aggressione di un detenuto. «È una notizia agghiacciante, che sconvolge tutti noi», dichiara Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), riferendo che il collega si sarebbe sparato davanti alla moglie con un’arma da fuoco, e che questo è il terzo suicidio dall’inizio dell’anno tra la polizia penitenziaria, con una media pari a uno al mese. Nel 2021 i suicidi erano stati 5, 6 nel 2020 ,11 nel 2019, 168 se si fa il totale dal 1997 ad oggi. Nel fornire le cifre, il sindacato parla di «numeri allarmanti» e lamenta che in tutto questo tempo sono state «scarse o pressochè inesistenti» le iniziative adottate dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dalle Direzioni delle carceri «per prevenire e fronteggiare queste situazioni di disagio». Servono ora «soluzioni concrete» a partire dall’introduzione di un’apposita direzione medica della Polizia penitenziaria, composta da medici e da psicologi «impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell’amministrazione penitenziaria». «È davvero inaccettabile la notizia del suicidio di un assistente capo coordinatore del corpo di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Barcellona Pozzo di Gotto che si è tolto la vita questa mattina a Milazzo». Lo dichiara il segretario generale della Fns Cisl, la Federazione nazionale della sicurezza della Cisl, Massimo Vespia. «Questo gesto estremo - sottolinea Vespia - se da un lato genera sentimenti contrastanti di sgomento, di dolore e di rabbia, dall’altro, deve portarci a riflettere e ad interrogarci seriamente sul perché ciò accada. Pensiamo che queste tragedie siano correlate anche allo stress da lavoro, alle condizioni ambientali, alla pesantezza dei turni, oltre, ovviamente, a motivi strettamente personali». «Come Fns Cisl - continua - riteniamo che le condizioni di lavoro, lo stress psico-fisico cui la polizia penitenziaria è continuamente sottoposta rappresentino fattori importanti che minano le condizioni del personale. Ecco perché siamo sempre più convinti che questi luoghi di lavoro necessitino in modo particolare di punti di ascolto e di centri di supporto psicologico per prevenire, per quanto possibile, episodi limite come quelli che stiamo commentando e che avvengono con eccessiva frequenza sia in carcere che fuori. Purtroppo, ad oggi, gli sforzi profusi dal governo tramite apposite leggi relative al superamento del sovraffollamento e quindi alla realizzazione di migliori condizioni sia per il detenuto che per chi lavora negli istituti penitenziari, non hanno prodotto alcun significativo e sistemico risultato. Mancano ancora migliaia di unità di agenti di polizia penitenziaria. Non si registra, infatti, alcuna misura concreta di risoluzione degli innumerevoli problemi che attanagliano il pianeta carcere. Molte parole, pochi fatti». «Siamo di fronte ai soliti impegni senza sostanza operativa» ha concluso Vespia.

leggi l'articolo completo