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Giovani rumene, gli anziani venivano sedotti, raggirati e minacciati: ecco come

Sono circa una quindicina le vittime accertate nell’arco temporale coperto dall’inchiesta «Transilvania» coordinata dalla Procura di Locri, che ha portato a 13 mandati di cattura europei e 3 ordinanze di custodia cautelare disposte dal gip ed eseguite dai carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria. L'inchiesta parte della Calabria, l'organizzazione aveva una base anche a Milazzo.

Dalle indagini è emerso che non c'era solo la circonvenzione di anziani come metodo per raggirarli e costringerli a consegnare denaro alle donne romene. Il «modus operandi» dell’organizzazione di natura transfrontaliera prevedeva anche le minacce che, in alcuni casi, si trasformavano in vere e proprie estorsioni allorquando la vittima, accortasi della spirale nella quale era incappata, decideva di non elargire nuove somme, per poi essere ricattata dietro l’intimidazione di rivelare la relazione clandestina ai familiari o all’eventuale coniuge nel caso in cui fossero cessati i versamenti.

A conferma della spregiudicatezza dei componenti dell’organizzazione c'è un episodio consumato nel dicembre 2018 quando i carabinieri della stazione di San Luca hanno sottoposto a fermo due donne, successivamente condannate e tuttora ristrette in carcere. Avevano rapinato l’abitazione di un settantasettenne precedentemente circuito, non prima di avergli somministrato una dose quasi letale di valium, causando all’uomo, nei giorni successivi all’evento, ben due infarti. In altre due occasioni, nel dicembre 2018 e nell’aprile 2021, i carabinieri hanno arrestato in flagranza di reato due donne nel momento in cui queste riscuotevano i soldi oggetto di richiesta estorsiva conseguente alla ribellione da parte delle proprie vittime, le quali si vedevano costrette a pagare nuove somme affinché non venisse rivelata ai familiari la relazione.

Nell’ottobre 2018, invece, a Grotteria in provincia di Reggio Calabria un uomo di quasi 90 anni è stato condotto in un’abitazione privata in uso alla propria adescatrice, dando così il tempo ai complici della donna di sottrargli il portafoglio dall’autovettura. Gli indagati facevano rientro periodicamente in Romania per ridefinire le strategie operative e spartirsi i proventi delle condotte illecite. Il carattere transnazionale dell’organizzazione ha fatto emergere la necessità per gli investigatori di avviarne il monitoraggio degli spostamenti tramite i canali di cooperazione internazionale di polizia. Lo sforzo sinergico tra le articolazioni territoriali dei carabinieri della provincia di Reggio Calabria ed Europol ha consentito la localizzazione di 16 soggetti destinatari di misura cautelare, 13 dei quali individuati tra la Romania, la Germania e l’Olanda.

Sono 59, complessivamente, gli indagati dell’inchiesta. L’indagine è partita dalla denuncia di un anziano che, nella Locride, era stato raggirato da una donna romena che lo aveva indotto a consegnarle 20 mila euro poi trasferite in Romania attraverso «Money Transfer».

Dalle prime risultanze investigative i carabinieri hanno intuito che non poteva trattarsi di una condotta isolata e posta in essere da un unico soggetto. Le indagini e gli accertamenti di natura finanziaria sulla donna hanno consentito ai militari di fare luce su un’articolata organizzazione criminale, dotata di una struttura piramidale e composta interamente da soggetti di nazionalità romena. Ogni indagato aveva un compito ben definito all’interno della rete i cui vertici erano due coniugi originari di Bistrița, in Romania. L’associazione si sarebbe avvalsa di giovani donne che, appositamente addestrate ed agendo singolarmente, dopo aver selezionato con attenzione le proprie potenziali vittime, generalmente uomini anziani di età compresa tra i 70 e i 90 anni, attraverso modalità di circonvenzione ricorrenti, inducevano questi al versamento di cospicue e continue somme di danaro, fino a mille euro per singola transazione, che venivano ceduti dalla vittima direttamente nella mani della truffatrice, oppure bonificati ai vertici della banda in Romania. L’approccio consisteva solitamente con la scusa di vendere oggettistica di esiguo valore come accendini e fazzoletti. Da lì seguiva la fase di «adescamento», nel corso della quale le giovani donne, approfittando delle condizioni di solitudine e vulnerabilità delle vittime, si dichiaravano infatuate di queste ultime, nonché bisognose di denaro, adducendo nella maggior parte dei casi fittizi problemi di salute personali o dei propri familiari residenti, in particolare, nell’area esteuropea.

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