Una 56enne è stata assolta «perché il fatto non sussiste» dalla pesante accusa di aver omesso di denunciare il compagno nonostante avesse molestato la propria figlia appena tredicenne, consentendogli di continuare a frequentare la propria abitazione per non interrompere la loro relazione. Il collegio del Tribunale di Patti, presidente La Spada, giudici Gullino e Zantedeschi, ha riconosciuto la donna non colpevole dell’imputazione di concorso per omissione in violenza sessuale.
I fatti risalgono al 2015 quando, secondo quanto raccontato dalla ragazza, l’uomo in un paio di occasioni approfittando dell’assenza della compagna la molestò palpeggiandola nelle parti intime. Solo alcuni mesi più tardi la ragazza riferì quanto accaduto alla madre la quale litigò aspramente con il compagno intimandogli di non avvicinarsi mai più alla figlia. Successivamente la relazione s’interruppe. L’imputazione per la donna scaturì dall’acquisizione delle relazioni dell’assistente sociale che si occupò della vicenda e degli atti del separato procedimento, in cui l’uomo è stato condannato a sette anni e sei mesi, da cui si evinceva che la frequentazione con la madre fosse continuata anche dopo che la donna stessa aveva appreso delle molestie alla figlia.
I giudici hanno però assolto l’imputata, difesa dall’avvocato Antonietta Privitera, ravvisando come le violenze fossero state compiute senza che la donna ne avesse conoscenza e che, successivamente alle rivelazioni della figlia, sebbene il rapporto di frequentazione non fosse stato interrotto immediatamente, non si registrò nessun altro abuso.
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