«Un nuovo caso Cucchi quello di Enrico Lombardo», morto a 42 anni, il 27 ottobre del 2019, a Spadafora, in provincia di Messina, dopo essere stato fermato dai carabinieri, intervenuti in seguito alla richiesta dell’ex compagna, che si sentiva minacciata dall’uomo? Secondo la famiglia, le associazioni a Buon Diritto, Amnesty e la stessa senatrice Ilaria Cucchi sembra proprio di si. Ed è per questo motivo che contro l’archiviazione decisa dal Gip la famiglia ha presentato ricorso in Cassazione: il 23 giugno la V sezione dovrà esprimersi.
Secondo i carabinieri, Lombardo quella notte accusò un malore durante le fasi del fermo. Fasi molto concitate riprese da un video. Due ambulante del 118 intervennero ma per Lombardo non ci fu niente da fare. La Procura della Repubblica di Messina ha aperto un’inchiesta, con tre indagati, un carabiniere e i sanitari del 118, ma il Gip ha disposto l’archiviazione. Le foto fornite dalla famiglia «mostrano un corpo martoriato da ecchimosi, lesioni e ferite in tutte le parti del corpo. Era una maschera di sangue» ha detto l’avvocato della famiglia Piero Pollicino che per questo motivo ritiene «necessarie ulteriori indagini» visto che ufficialmente l’uomo è morto «per un infarto provocato da un trauma cranico imponente». «Non le vogliamo chiamare torture queste?» ha sottolineato la senatrice Cucchi nel corso di una conferenza stampa.
Associazioni e familiari, in particolare l’ex moglie di Enrico Lombardi, Alessandra Galeani, hanno annunciato che in occasione del pronunciamento della suprema corte manifesteranno sotto la sede della Cassazione per chiedere di «riaprire il caso» ed avere giustizia e verità per Lombardo perchè «non è possibile che un cittadino sotto la custodia dello Stato», dopo un fermo da parte dei carabinieri, muoia in questo modo.
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