Messina

Mercoledì 25 Dicembre 2024

Le minacce al sindaco per il chiosco sequestrato a Salina, caso archiviato: «Erano esasperati, il Comune fu scorretto»

Arriva l'archiviazione per i familiari del titolare di un chiosco di Salina, accusati di violenza, minaccia e oltraggio al sindaco in occasione del sequestro della struttura stessa. Il giudice del tribunale di Barcellona Silvia Maria Spina ha deciso il non luogo a procedere per i suoceri e per la moglie di Mattia Casali, che per protesta si era incatenato. I tre si erano scagliati contro il sindaco di Santa Marina Salina, Domenico Arabia. La vicenda giudiziaria è relativa al chiosco Limoncino (nella foto Notiziarioeolie.it), che, nell’agosto 2022, era stato sequestrato dalla polizia municipale, provocando la protesta dei suoceri e della moglie del titolare, che poi furono denunciati dal sindaco. Gli imputati, Annamarina Iacono e Roberta Fioramonti di Santa Marina, e Ottorino Fioramonti di Roma, sono stati difesi dall'avvocato Rosaria Chillè. Il sindaco Arabia da Vincenzo Terenzio. La dottoressa Spina nelle motivazioni della sentenza ha spiegato che «sussiste un evidente rapporto di attualità e causalità tra l’atto del pubblico ufficiale e la reazione dei privati che ne costituisce diretta conseguenza, nonché un rapporto di proporzionalità tra le condotte atteso che la condotta dei privati non eccede da quella che appare ictu oculi ("a colpo d'occhio"), conseguenza di una sentita e momentanea condizione di esasperazione derivante dall’agire indubbiamente scorretto dell’ente comunale e che non si rivela nemmeno esorbitante rispetto al complessivo atteggiamento della parte offesa». Nel caso in esame, si sostiene poi nella sentenza, «si è dimostrato come il convincimento degli imputati circa l'illegittimità - o comunque ingiustizia dell'atto adottato - si fondasse su elementi concreti, puntualmente allegati, discendenti dalla condotta contraddittoria e assolutamente non collaborativa dell'amministrazione comunale, pura fronte di un contegno positivo e aderente alla normativa del privato istante. Ne consegue, pertanto, la necessità di addivenire nella presente sede ad una declaratoria di improcedibilità nei confronti dei prevenuti, ritenendosi insussistenti i fatti di reato agli stessi contestati perché questi non costituiscono reato». Mattia Casali, a seguito del sequestro del chiosco, si era incatenato, sostenendo che non vi era stata occupazione abusiva perché l’area non era comunale, ma demaniale, e lui aveva ottenuto l’autorizzazione dalla Regione.  

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