Quando è stato annunciato «44/876», l'album di Sting con Shaggy, il mondo dei media è rimasto spiazzato: trent'anni fa, faceva concerti con la Big Band di Gil Evans, ora collabora con il Reggaeman non propriamente sofisticato di «Boombastic».
Di solito queste cose si fanno quando ci sono carriere da rilanciare.
Uscito l’album, un inno all’idea di «Music for Fun», musica per divertimento, si è scoperto che funziona e che le radio suonano «Don't Make Me Wait» e «Gotta Get Back My Baby». Lo stesso concetto vale per il tour, approdato stasera al "Summer Fest» all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Le prossime date saranno oggi all’Arena di Verona, domani Napoli, mercoledì Taormina, venerdì Ascoli e sabato Trani.
E’ già Music for fun: ma nell’album è più facile nascondere le differenze e soprattutto il divario di peso artistico. Ma dal vivo le cose cambiano. Shaggy considera il concerto un’occasione per fare festa, con la maggioranza del pubblico che guarda il concerto attraverso lo smartphone, fa i cori, balla. Sting sta un po' sulle sue, ha l’aria di quello chiamato a suonare alla festa di matrimonio del cognato casinista. Siamo sicuri che era questo che intendeva quando ha definito questa operazione come l’occasione per restituire al Reggae ciò che gli aveva dato (ed è moltissimo) ai tempi dei Police? Uno esperto come lui, un raffinato cultore della musica di qualità, ha dimostrato in lungo e in largo di essere a suo agio in ogni contesto: e se si tratta di divertirsi «perché no»?
A giudicare dal suo modo di stare sul palco stasera qualche dubbio deve essergli venuto, basta guardare la rassegnazione con cui fa la gag del processo con lui nei panni dell’accusato con maglione a strisce bianche e nere e Shaggy del giudice con parrucca bianca e toga nera in «Croocked Tree».
Il concerto più o meno funziona con la band e Sting che suonano sia i brani prodotti insieme che quelli dei rispettivi repertori. Shaggy fa quello che sa fare, lo scalda pubblico, Sting si adegua con qualche fatica: tanto quando si tratta di suonare i pezzi dei Police ci pensa il pubblico a cantare. Così si ascoltano «Englishman in New York», «Message in a Bottle», «Every Little Thing She Does It's Magic», le hit di Shaggy, i pezzi di «44/876», i medley «Oh Carolina-Wèll Be Together», «So Lonely-Strenght», «Roxanne-Boombastic». E poi "Englishman in New York», «7th Wave», «Walking On The Moon», "Every Breath You Take».
Tutti opportunamente dilatati a colpi di «oooh» da far ripetere al pubblico.
Anche in un contesto così la differenza di peso artistico fa sembrare Shaggy un giocatore delle serie minori capitato in Champions League ed è altrettanto naturale che chi è abituato a vedere Sting alle prese con situazioni musicalmente sofisticate resta deluso.
L’obiettivo di divertire il pubblico, visto l’entusiasmo di stasera e il fatto che sono state aggiunte tre date al tour italiano, è raggiunto. Per qualcosa di più bisogna contare sul futuro. Con il concerto di stasera il Summer Festival si avvia alla conclusione: lunedì ci saranno i Baustelle, martedì LP, mercoledì Bandabardò.
Il 13 settembre si recupererà la data di David Crosby.
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