Sul grande video appare Abraham B. Yehoshua, mancato qualche giorno fa e ospite negli anni scorsi di Taobuk, che regala un augurio/ordine (inascoltato?): «Sicily, don’t sleep!» (Sicilia, non dormire). Di fronte, al centro di piazza IX Aprile, una farfalla bianca su sfondo nero, gigantesca, con le ali infarcite di «cancellature» che sembrano mattoncini, sembra guardare due grandi vecchi, bianchi come lei: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e l’artista della «distruzione creativa», Emilio Isgrò, che di quella farfalla è l’autore. Sono loro i protagonisti del vernissage «La Farfalla dei Malavoglia e Le Sicilie» di Isgrò e de «L’isola delle letterature al centro del Mare Nostrum», un dialogo che ha intrecciato verità e saperi, presentato dalla giornalista Elvira Terranova. L’arrivo di Mattarella - atterrato in elicottero a Taormina e «annunciato» da due infiniti corazzieri - viene accolto dal Piccolo coro della città di Taormina che intona – mano sul cuore – l’inno di Mameli, strappando più d’un sorriso presidenziale. L’ideatrice di Taobuk – il Festival del libro di cui anche quest’anno è media partner il Gruppo editoriale SES ed è attivamente sostenuto dalla Fondazione Bonino Pulejo – Antonella Ferrara, ringrazia il presidente, seduto tra il governatore Nello Musumeci e il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, quindi il sottosegretario per l’Informazione e l’Editoria, Giuseppe Moles. «La sua presenza - dice la Ferrara - è un onore che rende questa edizione più speciale. Come è un onore avere Isgrò: cancellare Verga ha un significato profondo, è un potente messaggio culturale che parte dalla Sicilia, l’isola che con le sue tre punte guarda tre continenti». Già, le «cancellature» di Isgrò: non sono quell’atto distruttivo che si pensa. È un dire no per poter dire sì alle cose che contano, è un elemento di riflessione. «Mi è sembrato di cogliere in un romanzo meraviglioso, ma un po’ cupo, come “I Malavoglia”, quella che si definisce una nota felice, tipica degli scrittori siciliani anche quando sono inclini al pessimismo. La parola farfalla», spiega l’artista che ringrazia Mattarella per la sua attenzione all’arte: «Aprendo il Quirinale ha reso gli artisti cittadini a pieno titolo di questo Paese, investendoli di un ruolo sociale, quello di rinnovare la società e la politica, nonostante spesso siano scomodi. Quando la Ferrara mi ha invitato e ho saputo della presenza del presidente, ho lavorato con maggiore impegno. L’arte può dare un messaggio di fiducia nel presente e nell’immediato futuro. Certo, non può correggere lo spread ma fa vedere la vita con maggiore fiducia». Giorgio Parisi, premio Nobel che scrive anche favole – c’è intreccio più bello tra scienza e letteratura? – in collegamento per un piccolo problema di salute, è un fiume in piena se invitato a parlare di verità e scienza: «La parola verità può essere usata in contesti differenti, c’è la verità della fede, quella storica, giudiziaria, scientifica e assume sempre significati diversi. La scienza? Si comporta come il blocco di marmo e Michelangelo. Che fa l’artista? Si limita a eliminare il marmo superfluo, quello che resta è l’opera d’arte. Non sappiamo tutto ma lavoriamo per eliminare le sacche di incertezze: tra il vero e il falso c’è, appunto, la zona grigia del dubbio dove lavorano gli scienziati per avvicinarsi alla verità». Cosa si dovrebbe fare per evitare la fuga dei cervelli? Non serve un luminare per intuirlo: «Basta dare ai giovani la possibilità di lavorare in Italia, un Paese che dovrebbe riflettere più sull’emigrazione che sull’immigrazione». E poi c’è lui, Paul Auster con i suoi vestiti neri – ma ieri sera, omaggio al presidente, indossava giacca e cravatta – e la sua esperienza nella poesia francese, il suo amore per Samuel Beckett e le incursioni nel cinema indipendente. Assieme a Lou Reed e Woody Allen, è uno dei simboli di New York. Legge un brano tratto da quel turbinio narrativo che è «4321», una sorta di scatola magica, lunga quasi mille pagine, che contiene vicende incastrate insieme come carte in un mazzo. «Ho provato a scrivere un saggio sulla verità, ma non ci sono riuscito. Per questo ho preferito leggere delle pagine già scritte», ha confessato. E in quelle pagine l’identità non è mai definitiva, per ogni io ci sono tante facce e ogni scelta mette di fronte non a un bivio ma a un crocevia di alternative. Poi il popolo di Taobuk si è spostato al Teatro Antico, dove un’affollata compagnia di «eccellenze» ha ricevuto il Taobuk Awards.