Il barone De Felicis III – nomen omen – è un tipo… felice, non per niente è il proprietario del Castello della felicità. Suo figlio, invece, ha 10 anni, è sempre triste e si chiama Tristano. Tristano mangia zucchine bollite (come potrebbe essere felice?) e non vuole saperne di praticare, in quel maniero, un trattamento per ritrovare il buonumore. Decide, quindi, di fuggire via, fino a ritrovarsi in un parco divertimenti abbandonato. Ci fermiamo qui senza rivelare il resto della trama de «Il Castello della felicità» (Salani) di Alessia Denaro, avvocato finanziario di Avola, presentato nell’ultima giornata di Taobuk e improntato a una domanda che ha arrovellato stuoli di filosofi: che cos’è la felicità?
Un romanzo per ragazzi che affronta temi che accomunano anche gli adulti: l’importanza delle emozioni, il valore inestimabile della condivisione, il tema della diversità, soprattutto in un Paese come il nostro dove l’educazione alle differenze è una strada ancora impervia, lastricata di nemici giurati. Denaro: «Tristano non si rassegna a essere visto con gli occhi di qualcun altro e trova il coraggio di ribellarsi reclamando, con forza, la propria unicità. È dalla ribellione che inizia un viaggio alla scoperta di sé e delle emozioni che vanno manifestate anche quando sembrano in contrasto con stereotipi e condizionamenti del contesto sociale in cui viviamo».
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