Nel 1988 travolse gli spettatori europei – ma non quelli italiani dove uscì solo nel 2002 - con una gamma di sensazioni «profondo blu» e con la capacità di trasmettere le suggestioni dell’intesa tra uomo e mare, elementi in apparenza irriducibili. «Le grand bleu» divenne un film cult per l’abilità di Luc Besson di intrecciare nella finzione cinematografica le vite parallele del francese Jacques Mayol e del siciliano Enzo Maiorca, protagonisti di una sfida infinita a colpi di record mondiali, quando le immersioni in apnea erano imprese eroiche poco supportate dalla tecnologia. Di quella pellicola, molte scene furono girate a Taormina dove oggi, all’ex Chiesa del Carmine, inaugura la mostra di Velasco Vitali «Le grand bleu», che da quel film prende il nome. Da sempre l’attività artistica di Velasco Vitali indaga gli aspetti più problematici delle condizioni umane attraverso metafore che diventano elementi simbolo del confronto fra culture e civiltà. Con quaranta opere su carta di diversi formati e tecniche, «Le grand bleu», curato da Luca Beatrice, passa in rassegna i soggetti più cari all’artista: le mongolfiere, il branco, i paesaggi. Velasco: «Questa esposizione è una pillola che nasconde la vastità del mio lavoro lungo quarant’anni. Il titolo è un omaggio a questo luogo perché il film di Besson si apre con una fermata del treno proprio alla stazione di Taormina, un appuntamento prima della sfida degli abissi. Se traslata come metafora, potrebbe assomigliare al percorso fa un artista quando inizia e sente la necessità di inabissarsi in un mare che gli toglie il respiro e che non sa che sorprese gli riserverà. Ma vuole mettere alla prova se stesso». Tra le opere non mancherà «Aria», la mongolfiera, visual dell’edizione 2023 di Taobuk: «È metafora di libertà: serve a inquadrare le cose con distacco, significa prendere il volo guardando il cielo per liberarsi delle cose terrene; è un invito a capire se uno sguardo d’assieme, dall’alto, ha più senso di uno sguardo all’altezza del suolo».