Il Ponte sullo Stretto e la grana delle grandi navi, Ciucci è sicuro: «Potranno passare»
Le grandi navi potranno passare sotto il Ponte sullo Stretto di Messina, «Il franco navigabile - assicura l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci - è di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri, solo in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario. Questi parametri sono in linea con i ponti esistenti sulle grandi vie di navigazione internazionali, in coerenza con le procedure stabilite dalle norme Imo (International Maritime Organization)». «Ricordo - aggiunge Ciucci - che sul tema della sicurezza della navigazione sia per la fase di costruzione che di esercizio del ponte, con particolare riferimento anche al franco navigabile, è stato istituito dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti uno specifico tavolo tecnico coordinato dall’Ammiraglio Nunzio Martello». Secondo quanto spiega l'ad della Stretto di Messina, «la commissione ha già effettuato un esame approfondito del traffico degli ultimi anni nello Stretto, suddiviso per le diverse imbarcazioni, dal quale non emergono criticità legate al ponte». E, «come noto, la quasi totalità delle navi portacontainer solca il Mediterraneo dopo avere attraversato il Canale di Suez e, quindi, dopo essere transitate al di sotto dell’Al Salam Bridge, il cui franco navigabile è inferiore ai 72 metri che saranno disponibili sullo Stretto di Messina. Analogo discorso per il franco navigabile vale anche per i ponti sul Bosforo diretti al Mar Nero», conclude.
Federlogistica
La precisazione di Ciucci arriva in risposta al presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, il quale ha ribadito oggi (lo aveva già detto a febbraio scorso), che 65 metri di altezza sono troppo pochi per le grandi navi. Un'affermazione che ha scatenato la reazione di Laura Boldrini, deputato del Pd. «Non passa giorno - afferma - che non arrivi una notizia che fa capire quanto inadeguato e a rischio sia il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina tanto caro a Matteo Salvini. Il Comitato scientifico e il ministero dell’ambiente lo hanno messo nero su bianco, evidenziando centinaia di criticità. Si può pensare un ponte sotto cui non passano le navi? Salvini, può».
Salvini e l'occupazione
Il ministro Salvini (nella foto davanti al plastico del Ponte) dal canto suo tira dritto. «L'Italia - ha detto il primo maggio - aspetta il Ponte sullo Stretto da cento anni. Darà oltre 100 mila posti di lavoro in tutta Italia. Se apriamo i cantieri entro il 2024, come mi sono impegnato, serviranno sette o otto anni di lavorazione, con l’attraversamento del primo treno, della prima auto o moto nel 2032».
Il metodo Falcone
A continuare a preoccupare tanti è anche il pericolo degli appetiti della mafia. «Per evitare ogni infiltrazione nella costruzione del Ponte - ha detto Ciucci in un'intervista a Famiglia Cristiana, ci rifacciamo al metodo di Giovanni Falcone, follow the money, segui i soldi. Garantiremo l’intera tracciabilità dei flussi finanziari. Adotteremo tutta una serie di controlli aggiuntivi e precauzioni, controlleremo le cave e i siti di deposito. Tutti i soggetti dovranno aprire conti correnti per ricevere i pagamenti».
Messina Style
Pucci ha anche spiegato che «nel mondo ci sono almeno cinque grandi ponti a campata unica detti Messina Style perché costruiti secondo il nostro progetto, che risale al 2003. Non sarebbe ora di costruire un ponte Messina Style anche a Messina»? Secondo il manager, la prima pietra dovrebbe essere posta già nel gennaio 2025, «dopo le attività sul territorio: la bonifica dei siti, le ricerche di tipo archeologico, l’avvio dei cantieri. Il Ponte dovrebbe essere pronto per il 2032». Ciucci si è rivolto poi agli ambientalisti, contrari al Ponte: «Quella delle associazioni ambientaliste non è una posizione di critica costruttiva, ma sostanzialmente ideologica. Il loro obiettivo è semplicemente quella di non consentire la realizzazione del ponte, nonostante sia previsto anche dalle leggi del Parlamento. Li incontrerei volentieri, ma si sottraggono a un incontro diretto. Le loro obiezioni sono sempre le stesse, che l’opera non è prioritaria, che prima bisogna fare altre cose eccetera, come per altre grandi opere infrastrutturali come l’alta velocità. Poi però quando le opere si realizzano siamo tutti contenti: il Mose, i collegamenti Milano-Roma. È quello che chiamo pentitismo infrastrutturale».