Messina

Lunedì 25 Novembre 2024

Bassetti: «Virus più potenti grazie alle nostre abitudini»

Matteo Bassetti a Taobuk

Il rapporto tra scienza e verità è un motivo di riflessione cui Taobuk ha dato ampio spazio con varie sessioni e varie declinazioni dell’argomento. Dalla ricerca e formazione, che necessitano di nuove tecnologie per un piano di riforme della Salute Globale, alle intelligenze artificiali e robotiche, sempre più presenti nella medicina, dalle linee guida per l’innovazione dei servizi sanitari attraverso la digitalizzazione alle terapie avanzate che rappresentano il settore emergente della biomedicina a quelle geniche per alcune patologie, dalla medicina rigenerativa allo sviluppo degli organoidi per la ricerca sul cancro. Un mondo di possibilità nel panorama scientifico contemporaneo e futuro, con la visione di nuove strade da percorrere che però non deve farci dimenticare «La nostra battaglia contro i nemici invisibili», titolo dell’incontro svoltosi ieri alle 12, a Palazzo Duchi di Santo Stefano, con il professore Matteo Bassetti, infettivologo dell’Università di Genova e direttore del reparto Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova. Un volto noto, entrato nelle nostre case e nelle nostre vite minacciate da un «nemico invisibile». Nel suo libro pubblicato di recente con la collaborazione di Martina Maltagliati, «Il mondo è dei microbi» (Piemme), conferma che «i virus sono i veri padroni del mondo, ma bisogna capire cosa fare per salvare il futuro, perché le nostre scelte condizioneranno in maniera irreversibile la vita delle prossime generazioni. Siamo ancora dentro la pandemia ed evitare una futura pandemia sta solo alla nostra volontà e al nostro senso di responsabilità».

Professore, siamo sempre di fronte a nemici invisibili come i virus?

«Il Covid-19 non è il nostro unico problema. In questi anni i batteri, i virus, i funghi, i protozoi sono diventati sempre più potenti. Sono loro i veri padroni del mondo, ci precedono e a noi sopravvivono. Sono con noi anche dove pensiamo di essere al sicuro, perfino nei luoghi sterili. E siamo stati noi a renderli più pericolosi con le nostre abitudini. Con un uso o un abuso talora sconsiderato degli antibiotici. Farmaci che certamente hanno contribuito ad innalzare l’aspettativa di vita media oltre gli ottanta anni, ma rischiano di non funzionare più. Bisogna capire cosa fare, cambiare il presente per salvare il futuro, perché le nostre scelte condizioneranno in maniera irreversibile la vita delle prossime generazioni».

Professore, nella scienza come bisogna intendere la verità?

«Spesso la verità è vista in modi diversi, ma io credo che bisognerebbe arrivare a un momento in cui la verità è una e unica e in qualche modo le evidenze devono dirci quale sia la verità senza che ci siano pensieri, parole, che omettono la verità».

Ma ci sono dei casi in cui è giusto o meglio tacere la verità, ad esempio in ambito medico?

«Secondo me la verità in ambito medico non deve essere taciuta. Io ho una formazione molto anglosassone e molto poco italica da questo punto di vista. Non ho mai nascosto a un mio paziente quella che era la sua diagnosi anche se era una diagnosi difficile. Chiaro che poi bisogna cercare di “indorare la pillola”, ma questo non significa confutare o nascondere la verità. Credo che nella battaglia contro le malattie ci sia bisogno sicuramente delle terapie, ci sia bisogno di medici, ma ci sia anche bisogno della propria psiche. Credo che lottare per la vita sapendo che lo scopo è, appunto, quello di vincere, sia qualcosa che noi dobbiamo ottenere dai nostri pazienti e quindi quella cultura un po’ del passato di nascondere un tumore credendo che il paziente in qualche modo viva meglio, in realtà faccia vivere le persone molto peggio. Bisogna dire la verità perché le persone, pure in quel poco di vita che rimane, possono trovare uno stato di “salute”, trovare cose che non avevano trovato prima, in modo da sistemare tante situazioni, materiali ma anche sentimentali. Quindi io credo che confutare la verità di fronte a un paziente non sia fare appieno il nostro lavoro».

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