L’appuntamento annuale delle sezioni siciliane della Sip e della Sin (società italiane di pediatria e neonatologia), si è svolto nella maggiore isola delle Eolie con la partecipazione di illustri professionisti. È stato voluto a Lipari dall’isolana Caterina Cacace, che dirige l'unità di terapia Intensiva neonatale dell'ospedale Barone Romeo di Patti che dopo la chiusura del punto nascite a Lipari che ormai perdura da decenni è divenuto il reparto degli eoliani «dei 700 parti annuali – dice – ben settanta sono le donne eoliane che partoriscono da noi. E anche noi siamo a corto di personale. Difficile reperire pediatri».
«La neonatologia e la pediatria in Italia – spiega il professore Giovanni Corsello di Palermo, già presidente nazionale - sono in una fase di intense trasformazioni e cambiamenti. Innovazione tecnologica e ricerca da una parte, denatalità e aumento dei pazienti con malattie croniche, rare e complesse dall’altro rendono necessari nuovi approcci diagnostici, terapeutici e di prevenzione».
«Anche in Sicilia – aggiunge il pediatra Domenico Cipolla, presidente regionale - si sente l’esigenza di adeguare i percorsi formativi alle nuove sfide assistenziali per rendere migliore e più omogeneo il contesto complessivo dell’area pediatrica, nel territorio e in ospedale».
«In questa logica di formazione integrata con ricerca e assistenza – evidenzia la dottoressa Cacace - si è mosso in Sicilia il congresso regionale di pediatria e neonatologia, che è tornato dopo oltre 40 anni nelle isole Eolie per marcare l’importanza di una pediatria che si impegni in percorsi di protezione della salute del neonato e del bambino in tutte le realtà, compresa quella delle isole minori». Durante i lavori sono intervenute le mamme Giovanna Maggiore e Silvia Carbone, dell’associazione «L’ospedale di Lipari non si tocca», con un cartello eloquente «Parti con noi…» per ricordare i viaggi per partorire fuori dalle isole.
«La chiusura del punto nascite a Lipari – racconta la signora Alessia Sciacchitano - è stata la svalutazione della maternità, nonché del bambino che porta in grembo. Siamo costrette a vivere l’ultima fase e non solo, della gravidanza con disagi e incertezze, viaggiando per controlli spesso anche di routine, magari per farsi seguire dal ginecologo/a che poi ti condurrà al parto e alla fine di tutto cercare un alloggio, lontano da casa, aspettando il momento tanto atteso. La costrizione di vivere in un posto che non è il tuo, in un alloggio tal volta di fortuna e in un paese che non conosci, lontano dai propri affetti non fa altro che creare una sensazione di disagio e sconforto e anche un forte stress emotivo».
«Non c’è cura della madre, non c’è cura del bambino. Il giorno della partenza, quando magari mancano tre settimane al parto, salire sull’aliscafo e guardare Lipari allontanarsi è come aver mancato un’opportunità per essere davvero serena perché si sa, sarebbe stato bello partorire a casa e nessun posto è come casa! Non è trascurabile neanche l’aspetto economico. La costrizione di vivere in un posto che non è il tuo, in un alloggio tal volta di fortuna e in un paese che non conosci, lontano dai propri affetti non fa altro che creare una sensazione di disagio e sconforto e anche un forte stress emotivo. Cercare casa e pagare l’affitto di un mese (perché non si sa mai quando puoi partorire), sospendere momentaneamente il proprio lavoro a Lipari, trovare qualcuno che si possa trasferire con te, assentare i propri figli da scuola, assume davvero un tono di beffa. Ed è vero che la regione provvede ad un contributo, salvo imprevisti, ma solo dopo mesi e mesi, alcune volte anni e per chi non ha i soldi nel momento in cui servono? Come si fa? Danni morali e psicologici. Ma niente potrà mai ripagare il danno morale e psicologico delle partorienti e dei familiari. E cosa succede se invece non facciamo in tempo a trasferirci? Un bel viaggio in extremis in elicottero. Spaventata, sola, contrazioni ogni minuto, un dolore che non conosci e che non hai mai provato. Non si sa dove ti porteranno, non si sa neanche se un tuo familiare farà in tempo a raggiungerti, soprattutto ora che sull’elicottero non fanno salire nessun altro. Quando invece sarebbe bastato prendere la macchina, con un tuo parente accanto e arrivare in ospedale, nel tuo ospedale. Ed è per tutto questo che la figura della donna non viene protetta, viene lasciata alla mercé degli eventi».
Nascono sempre meno bambini. «Vi stupite - continua la donna residente nell'isola - che in questo paese non nascano abbastanza bambini, ma vi stupite davvero? Considerando che quello di Lipari non è l’unico ad essere stato chiuso. A breve dovrò salutare mia madre al porto degli aliscafi, il mio compagno dovrà accantonare il suo lavoro per settimane e io la mia serenità, questo perché qualcun altro ha deciso per noi, ha deciso per me e per mia figlia».
Il sogno. «Ogni tanto mi capita di sognare ad occhi aperti… Pensare a come sarebbe stato partorire a Lipari. Non avremmo avuto nessuna necessità di fare i bagagli, nessun bisogno di cercare casa, nessun arrivederci. Avremmo aspettato il momento nella nostra casa, con i nostri comfort e i nostri affetti. Avrei voluto leggere sulla carta d’identità di mia figlia: nata a Lipari. Vorrei avere la possibilità di scegliere dove partorire, ma non mi sarà data, perché avrei scelto casa. Ho perso».
La speranza. «Vorrei – conclude la signora Alessia Sciacchitano - poter avere un giorno un ospedale efficiente, con tutto quello che ci serve e anche di più, così da poter condurre una vita serena e sicura alle Eolie. Vorrei un giorno poter scrivere messaggi di gioia con un incipit diverso, magari con Evviva e non con Purtroppo. Non perdo la speranza di poterlo fare, di poter scrivere: «Evviva ce l’abbiamo fatta!»
Foto notiziarioeolie.it
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