Da aprile a settembre si è ripreso la sua vita («Ho viaggiato, preso aerei, mi sono divertito»), per altri quattro mesi si è ritirato su un’isola deserta con il suo team per dare nuovo vigore alla sua creatività e pensare alla sua musica, ora Achille Lauro è pronto a tornare, e lo fa tra i 25 Big in gara a Sanremo, con il brano Domenica e l’Harlem Gospel Choir (e per la serata cover ha scelto Sei bellissima con Loredana Bertè). La quarta partecipazione consecutiva (tre in gara - la prima folgorante con Rolls Royce, seguita da Me ne frego «che è stato un evento dirompente», una da superospite fisso l’anno scorso), una sorta di record festivaliero per l’istrionico artista che sul palco dell’Ariston ha suscitato sempre interesse, e attirato anche qualche critica. «Ma non è la competizione ad attrarci - Lauro, il suo nome all’anagrafe, parla rigorosamente in prima persona plurale e dribbla qualunque domanda politica -, in questo caso avrei portato un brano tipo '16 marzò. Invece utilizziamo Sanremo come una vetrina, uno dei cento progetti che abbiamo. La consideriamo una trasmissione nella quale ho i miei 4 minuti per cinque sere per far arrivare la mia creatività. Andiamo là a portare qualcosa che nessuno ha mai fatto. Per me la musica si guarda, si percepisce, è un mondo che spazia ovunque», aggiunge non mostrando la minima incertezza sulla potenza evocativa del suo lavoro. Del resto i suoi «quadri», i suoi trucchi, i suoi costumi hanno stupito e sono diventati un segno distintivo della sua opera. «Ma è riduttivo parlare di travestimenti. Per me è una messa in scena della canzone stessa e una mia proiezione. Cerco sempre di andare oltre, che non vuol dire trasgredire, ma fare sempre qualcosa di diverso e di più, per non ripetersi e ristagnare nella propria zona comfort. In questo senso - scherza - sono anni che cerco di distruggere la mia carriera, ma ancora non ci sono riuscito. Sono divisivo e credo che questa sia la nostra forza». E poi approfondisce il nesso tra arte e distruzione: «Non è arte se non suscita qualcosa, se non smuove qualcosa, se non divide. E non parlo di ciò che faccio io, sarebbe presuntuoso, ma qualunque gesto che ha un fine di smuovere qualcosa è un gesto nobile. E gli artisti hanno più opportunità di farlo». «Se la mia arte fosse un quadro? L’Urlo di Munch: susciterebbe emozioni diverse in ogni persona». Nel tentativo di andare sempre oltre, Achille Lauro pubblica l'11 febbraio «Lauro - Achille Idol Superstar», una nuova edizione dell’ultimo album, con sette brani nuovi (compreso il brano sanremese), naturale prosecuzione evolutiva del percorso fatto con 1969 e che si presenta come crossover tra diversi generi, «ma l’anima rimane la stessa: sono coerente con quello che sono. È anche un album totalmente fuori moda, contro tendenza ma cercare di fare moda. Sto seguendo la mia strada unica. Quando ho lasciato l’urban e cambiato, l’ho fatto perché non era più il mio. Cerco di portare in scena qualcosa che non esiste». Non rifiuta gli accostamenti con David Bowie o Billy Idol: «Tutti gli artisti che sono passati nella nostra vita hanno avuto un’influenza sia a livello estetico che discografico: sei un milk-shake di tutto quello che hai ascoltato». L’album è solo il primo di una serie di appuntamenti di Lauro per il 2022: il tour con l’«Electric Orchestra» al via il 27 maggio a Roma con tre date prima di attraversare tutta l’Italia, passando anche dalla Sicilia il 14 luglio, al Teatro Antioco di Taormina («sarà molto rock and roll, ma anche un crossover con il musical. Qualcosa che non si è mai visto prima e che magari potrà prendere vita autonoma e andare in giro per il mondo») e la collaborazione con Amazon Prime Video che lo porterà a scrivere colonne sonore ma anche a recitare in piccoli camei. E sarà anche il primo artista in Europa a tenere un evento-concerto nel mondo del metaverso e del gaming.