Non c’è dubbio: siamo un popolo di «retroscenisti». Basta un minimo appiglio (e certe volte se ne fa anche a meno) e il fascino del complotto ci rapisce. E se la vicenda ormai giudiziaria di Canneto di Caronia darà ragione agli investigatori, ci troveremo davanti all’ingloriosa fine della rispettabile mole di teorie «scientifiche» chiamate a spiegare il mistero dei fuochi che per dieci anni ha vissuto, è il caso di dire, di autocombustione.
Anzi, bisogna ricordare che in realtà quelle teorie non spiegarono proprio nulla e che perfino una paludata commissione di scienziati nominata dal governo, nella sua relazione finale, concluse che quegli incendi potevano essere attribuiti soltanto a «test militari segreti o esperimenti alieni». Proprio così.
Quando, nel 2004, cominciarono a verificarsi gli incendi scese in campo la Protezione Civile che, d’istituto, si occupa di indagare su avvenimenti misteriosi o poco chiari. È proprio questa istituzione, per esempio, che raccoglie e analizza tutti gli «avvistamenti» degli Oggetti Volanti Non Identificati (UFO in inglese). La Protezione cominciò a svolgere gli accertamenti alla ricerca delle cause di 180 incendi apparentemente inspiegabili, lasciando sullo sfondo (ma mai abbandonando del tutto) l’ipotesi del dolo.
La prima cosa che apparve evidente fu che le fiamme prediligevano le apparecchiature elettriche ed elettroniche. Si incendiavano elettrodomestici, fili elettrici, i cellulari si ricaricavano da soli. E tutto questo anche quando le apparecchiature erano state staccate dalla rete.
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