PALERMO. Uno scricciolo d’oro. Così amava definirla Candido Cannavò, quando scriveva delle sue imprese sulla Gazzetta dello Sport. Era Annarita Sidoti, un metro e cinquanta appena ma con una grinta da titano. Nella sua carriera la marciatrice, una delle protagoniste del sondaggio "Il Campione dei siciliani" di Gds.it, fece parte della nazionale italiana di atletica leggera per ben 47 volte, vincendo una medaglia d'oro ai Mondiali e due all’Europeo. In pochi sanno che Annarita, scomparsa il 21 maggio 2015, a 45 anni, dopo aver combattuto contro un tumore, nella sua breve ma intensa vita, trovò il tempo per recitare in un film: "Fu chiamata dalla regista Emanuela Piovano - spiega il marito Pietro Strino - che l'aveva vista l'anno prima sul podio dei mondiali ad Atene 1997. La Piovano fu colpita dai capelli corti di mia moglie e dal fisico minuto. Le propose il ruolo di una ragazza piuttosto ribelle nel film 'Le complici'". Annarita dapprima era titubante, perché doveva girare delle scene un po' particolari e si preoccupava per la sua immagine. Poi accettò e non se ne pentì perché fu un'esperienza molto divertente, anche se il film non riscosse un grande successo. "Tra l'altro - continua il marito di Annarita - il set del film era a Roma e ciò le consentì di allenarsi nella capitale e anche di incontrarsi con me che in quel periodo svolgevo il servizio militare ad Ostia". Pietro Strino descrive la moglie come determinata, generosa, coraggiosa, con un forte senso di squadra nello sport come nella vita. Parole che, a distanza di tre anni dalla sua dipartita, testimoniano l'amore che ha saputo dare ma anche ricevere Annarita Sidoti. "Per 6 anni ha lottato contro la malattia senza perdere mai la speranza - aggiunge Strino - con un grande sorriso sulle labbra". Nell'ottobre del 2016, ad un anno esatto dalla morte, ad Annarita venne dedicato un film documentario, dal titolo "Una storia semplice", di Giuseppe Garau e Goffredo d'Onofrio, in cui si racconta la sua vita con le testimonianze dei familiari, del suo allenatore Salvatorino Coletta, delle sue amiche e di chi le ha voluto bene. Un film che porta con sé un grande significato e un insegnamento: si può essere campioni, si possono raggiungere obiettivi insperati, realizzare i propri sogni, mettendo impegno, volontà e determinazione. Nello sport e nella vita in generale. Il caso di Annarita è prova lampante di ciò: una piccola donna che con le sue gambe "minute" è salita sul gradino più alto dello sport mondiale. E la sua città di origine, Gioiosa Marea, che mai l'ha dimenticata, le dedica la seconda edizione di un memorial che porta il suo nome. Il 25 aprile moltissimi atleti si confronteranno con una 40 km di corsa percorrendo le strade in cui Annarita amava allenarsi. Un ulteriore omaggio alla memoria di una donna "grande", così come la definì la sorella Eliana nel 2016, al termine del film documentario una storia semplice: "L'emozione non gli permise di esprimere con altre parole quello che pensava di sua sorella - dice il marito - in realtà quell'aggettivo racchiude in sè tutto ciò che è stata Annarita, che era piccola ma solo di statura".