Un corteo silenzioso. Centinaia di persone, altrettante fiaccole. Luci nella notte a Messina per non dimenticare, per far sì che, a quindici anni dall'istituzione con la legge 92 del 30 marzo 2004 del "Giorno del ricordo", non cali mai più il sipario su quello che da più parti è stato definito “l'olocausto italiano”, il martirio delle foibe e il dramma dell'esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra.
Quasi 11 mila i morti. 350 mila gli esuli, nelle stime, per difetto, che le fonti, poche e spesso non ufficiali, hanno fatto giungere a noi. Ieri la testimonianza di centinaia di cittadini, associazioni e rappresentanti del mondo politico che, senza bandiere, eccezion fatta per il tricolore e per i drappi di Istria, Fiume e Dalmazia, che hanno aperto il corteo, hanno dato vita ad un comitato trasversale che ha organizzato la manifestazione.
“Si tratta – spiega Fulvia Toscano, del Comitato spontaneo 10 febbraio – di una pagina oscura della storia del nostro Paese. Il XX secolo ci ha consegnato purtroppo una memoria di devastazioni, di scontri tra culture e pulizia etnica, ed è giusto che i morti di tutte le parti vengano celebrati con la stessa dignità.” Il corteo, partito da piazza Juvarra, lungo il lato mare di via Garibaldi, ha proseguito lungo l'arteria fino a giungere all'incrocio con via Istria e, da lì, sino alla via Pola e alla piazzetta “Martiri delle Foibe”, dove dopo la deposizione di una corona d’alloro alla base del monumento che ricorda i messinesi morti nelle insenature carsiche, si è avuto l'intervento di Alessandro Faramo, nipote di un infoibato, e figlio di un’esule.
“Ogni italiano – dichiara – ha il diritto di conoscere questa storia. Io ho il dovere di raccontarla, di raccontare la storia di madre, all’età di soli due anni e mezzo rimasta orfana di padre, infoibato nel ’43, la cui famiglia è stata praticamente sterminata dai partigiani di Tito. Mia madre che separata dai suoi fratelli si trovò a girovagare per l’Italia, fino a giungere a Santa Teresa, dove finalmente trovò una famiglia e venne adottata.”
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