Barcellona e Milazzo, le mani della mafia sulle discoteche: 81 arresti, altre 5 misure
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In Sicilia e Calabria i carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno dato esecuzione a misure di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Messina guidata dal procuratore Maurizio De Lucia, nei confronti di 86 persone, accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, scambio elettorale politico mafioso, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e porto illegale di armi, incendio, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, con l’aggravante del metodo mafioso. Le misure sono queste: 53 sono finiti in carcere, 28 agli arresti domiciliari, cinque hanno l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il blitz è il risultato di una attività investigativa- condotta dal 2018 ad oggi e coordinata dalla Procura distrettuale di Messina - sulla famiglia mafiosa dei «barcellonesi», storicamente radicata nel comune di Barcellona Pozzo di Gotto, capace di esercitare un costante tentativo di infiltrazione in attività imprenditoriali lecite, sia nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli (attraverso l’acquisizione di imprese intestate a prestanomi o imponendo, con metodo mafioso, la fornitura dei prodotti), sia nel business dei locali notturni del litorale tirrenico, in particolare nell'area di Milazzo. Il clan imponeva alle discoteche, con la violenza e le intimidazioni, i servizi di sicurezza e interveniva per condizionare i titolari dei locali nella gestione delle loro attività. Tra gli episodi descritti c'è l’incendio doloso di una sala ricevimenti riconducibile a imprenditori concorrenti. L'inchiesta ha confermato, inoltre, quanto sia ancora forte la pressione del racket su imprenditori e commercianti e l'interesse della cosca per lo storico business della droga.