Sequestrati dalla polizia i beni di Angelo Porcino, «noto esponente del sodalizio mafioso dei barcellonesi», come si legge nel comunicato. Il provvedimento trae origine dalla proposta congiunta del questore e del procuratore di Messina ed è riferito ad una delle figure di maggiore pericolosità «qualificata» evidenziatasi nel territorio del Longano. Il destinatario del provvedimento è soggetto organicamente inquadrato nel sodalizio mafioso cosiddetto dei «barcellonesi», essendosi evidenziato per la sua contiguità ai boss storici, il «gruppo dei Vecchi», sin dall’inizio degli anni Novanta, quando si era posto a disposizione dell’organizzazione per l’esecuzione delle estorsioni in danno di commercianti ed imprenditori operanti nel barcellonese, in specie coloro che erano risultati aggiudicatari di commesse pubbliche.
Porcino, spiega la polizia, era stato oggetto dell’attenzione investigativa del commissariato di Barcellona sin dagli anni Ottanta, quando era stato accusato della gestione delle bische clandestine e del gioco d’azzardo. Già all’inizio del 1985 il commissariato gli contestò i reati di installazione abusiva di apparecchi di genere vietato ed agevolazione del gioco d’azzardo per aver permesso il gioco ad un gruppo di minori, i cui genitori avevano segnalato alla polizia, preoccupati, l’ingente sperpero di denaro da parte dei propri figli presso la sala giochi di Angelo Porcino. Queste condotte erano state segnalate all’autorità giudiziarie all’inizio degli anni Novanta. Nello stesso periodo le concomitanti indagini antimafia consentivano di acclarare la sua appartenenza al sodalizio mafioso. L’indagine nota come «Gotha-Pozzo 2» consente di inquadrare il ruolo di Porcino tra i «quadri» dell’organizzazione, per la quale, specificamente, curava il settore delle estorsioni. Porcino è stato poi arrestato nell’ambito dell’operazione nota come «Gotha 7», conclusa nel gennaio 2018, per concorso nell’associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione di armi, rapina, violenza privata, minaccia e lesioni personali, reati, questi ultimi, tutti aggravati dal metodo mafioso, vicende per le quali è già stato raggiunto da due sentenze di condanna definitive per appartenenza al sodalizio mafioso. Il 28 febbraio del 2020 un nuovo arresto, stavolta nell’ambito dell’indagine cdenominata «Dinastia», per le medesime condotte violente ed estorsive che, storicamente, aveva posto in essere al fine di garantire il controllo del territorio da parte del sodalizio di appartenenza.
Assai significativa è stata ritenuta inoltre dal Tribunale della Prevenzione la circostanza che Porcino abbia conservato le «funzioni» allo stesso storicamente affidate nell’ambito della pratica estorsiva nonostante l’avvicendarsi dei boss alla guida del sodalizio, avendo costituito lo «storico» punto di riferimento anche tra le opposte fazioni succedutesi, nel tempo, alla guida dell’organizzazione. Il Tribunale ha recepito a fondamento della pericolosità di Porcino, la continuità temporale del suo apporto causale all’organizzazione mafiosa, senza soluzione di continuità, tra gli anni ’90 e adesso. L’attualità della sua pericolosità è stata rappresentata anche in relazione alla specifica attività condotta territorialmente dal commissariato di Barcellona, che, nell’anno 2020, lo aveva più volte segnalato allorché si trovava agli arresti domiciliari, avendo ripetutamente violato le prescrizioni del gip e del magistrato di sorveglianza.
L'operazione è della polizia di Stato e della Procura della Repubblica-Direzione distrettuale antimafia di Messina. Vi hanno partecipato la Divisione anticrimine di Messina ed il commissariato di Barcellona Pozzo di Gotto. Il provvedimento di sequestro è stato emesso ai sensi della normativa antimafia. Oggetto del sequestro beni ed attività economiche per un valore complessivamente stimato di circa 1 milione di euro. Cospicuo il patrimonio immobiliare riconducibile ad Angelo Porcino, nonostante le fittizie intestazioni a prossimi congiunti. Nello specifico, si tratta di sei immobili tutti a Barcellona, uno dei quali oggetto di una assai rilevante quanto economicamente dispendiosa opera di ristrutturazione che ne ha elevato il valore in maniera cospicua, in mancanza di una qualunque capacità reddituale e patrimoniale per realizzare l’investimento. Il Tribunale della Prevenzione ha ritenuto che a questi fosse effettivamente riconducibile anche una ditta di ristorazione che, seppure intestata al figlio, aveva costituto, sin dagli anni Novanta, il luogo di esercizio dell’attività di gioco d’azzardo da parte del padre. Si tratta proprio della sala giochi che, sin dagli anni Ottanta, aveva attirato l’interesse investigativo del personale della polizia. Il locale è stato successivamente convertito in attività ristorativa, ma le indagini hanno dimostrato che Angelo Porcino ne aveva assunto la gestione effettiva e ne aveva assicurato, nel tempo, il sostegno economico, proveniente dal denaro delle estorsioni, «come peraltro attestato - incalza la polizia - anche dalla evidente sperequazione tra redditi e tenore di vita riferito al destinatario dell’odierna misura ed ai familiari intestatari fittizi».
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