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Il pastore ucciso a Montalbano Elicona: Gli inquirenti battono la pista mafiosa

Nicola Distefano, 23 anni, è stato freddato con un colpo di fucile al torace e uno alla faccia non appena sceso dall’auto

MONTALBANO ELICONA. Si indaga sul passato della vittima e sugli eventuali rapporti che sarebbero intercorsi con esponenti della criminalità per dare un senso all'omicidio di stampo mafioso con cui la sera di lunedì è stato ucciso il pastore di 23 anni Nicola Distefano. Il killer, accompagnato da un complice, ha agito con grande freddezza, scegliendo il momento più opportuno per entrare in azione, approfittando del buio che avvolgeva la zona di contrada Pavarina, tra Montalbano e la frazione di Braidi.

Il trasferimento del fascicolo alla Dda di Messina da parte della Procura di Barcellona conferma l'ipotesi di un'esecuzione mafiosa, voluta probabilmente per colpire il padrino di cresima di Nicola Distefano, il boss dei Mazzarroti Tindaro Calabrese. L'altra possibilità è che la vittima possa aver visto o sentito qualcosa che non doveva, diventando un testimone scomodo. Sembra perdere peso la pista seguita in prima battuta di una lite tra pastori finita in tragedia.

Ieri la dottoressa Elvira Spagnolo Ventura, incaricata dal magistrato della Dda, Maria Pellegrino, ha effettuato l'autopsia sul corpo della vittima, presso l'istituto di medicina legale del policlinico di Messina. E' confermato come a colpire mortalmente Di Stefano siano stati due colpi di fucile calibro 12, uno al torace e l'altro al volto, che lo ha sfigurato.

Il killer ha agito da distanza ravvicinata, avendo anche la possibilità di accertarsi di aver raggiunto il proprio obiettivo prima di scappare via, probabilmente con un complice, che lo attendeva sulla Provinciale che da Montalbano collega con San Piero Patti, passando per la frazione di Braidi. I carabinieri della Compagnia e del Nucleo Radiomobile di Barcellona, coordinati dal capitano Filippo Tancon Lutteri, hanno proseguito gli interrogatori e le perquisizioni presso le abitazioni di pregiudicati e di sorvegliati speciali, disponendo in alcuni casi anche l'esame del guanto di paraffina.

Le indagini, senza la collaborazione di amici e conoscenti, si presentano assai complesse per l'assenza di testimoni. Gli ultimi giorni di vita di Nicola Di Stefano potrebbero dare qualche indicazioni rispetto al movente dell'omicidio, considerato che il territorio di Montalbano Elicona e delle colline nebroidee da Tripi a San Piero Patti è stato spesso luogo adatto per esecuzioni mafiose e per coprire la latitanza, compresa quella dei fratelli Mignacca, gli ultimi esponenti della criminalità organizzata rimasti ancora in libertà.  

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