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La truffa di Brolo, Arasi respinge ogni accusa

BROLO. Secondo gli investigatori è il personaggio chiave cha ha costruito e gestito il “sistema Brolo”, quello in cui i soldi arrivavano con mutui per opere fantasma e finivano per alimentare spesa corrente ma anche doppi stipendi ed indennità non dovute che ingrossavano i conti correnti di chi gli era vicino. Il capo dell’ufficio ragioneria, Carmelo Arasi, l’unico finito in carcere lunedì mattina nell’inchiesta che ha scosso Brolo, ha avuto modo di cominciare a raccontare la propria verità ieri mattina a Gazzi. L’uomo, nonostante nel periodo in cui è esplosa la vicenda politico-giudiziaria sia apparso sempre padrone della situazione, stavolta ha accusato il colpo. Non ci sta a fare da capro espiatorio e soprattutto ha patito duramente anche l’arresto della figlia Rossella (lei ai domiciliari).
Così, ieri, tra le 10,30 e mezzogiorno ha cominciato a dare le proprie spiegazioni sul sistema che in tre anni ha permesso al Comune di Brolo prima di ottenere illecitamente poi far sparire mutui per 3 milioni e 200 mila euro dalla Cassa Depositi e Prestiti. Il ragioniere Carmelo Arasi ha risposto a tutte le domande poste nell’ interrogatorio di garanzia alla presenza dei difensori Carmelo Occhiuto e Maria Americanelli. Arasi ha riconosciuto di fronte al Gip Ines Rigoli, al procuratore capo della Repubblica di Patti, Rosa Raffa ed al pm Bonazinga, semplici irregolarità contabili che avrebbe posto in essere alla scopo di coprire comunque spese legate all’ordinaria amministrazione del Comune, pagamento di stipendi e creditori riconosciuti compresi. “In tal modo ho evitato il dissesto del Comune”, sarebbe stata la dichiarazione messa a verbale nell’interrogatorio.
Carmelo Arasi ha quindi rigettato tutte le altre accuse, sostenendo di non aver mai incassato personalmente denaro e che non risultino ammanchi nelle casse comunali. Secondo gli inquirenti, invece, oltre 600.000 euro li avrebbe presi proprio lui. In merito ai versamenti per circo 100 mila euro sul conto della figlia, Arasi ha spiegato come quei pagamenti sarebbero gli stipendi dovuti alla donna, dipendente della Infotirrenia, società di riscossione crediti per conto del Comune. Quelle mensilità sarebbero state versate direttamente dal Comune di Brolo come partita di giro previo accordo col responsabile regionale dell’ impresa. Nessun altro nome sarebbe dunque stato tirato in ballo da Arasi per cui i legali, almeno per il momento, non hanno proposto istanza di scarcerazione. Si attende adesso l’audizione degli altri soggetti ai domiciliari.
Di fronte ai magistrati domani siederà, tra gli altri l’ex sindaco Salvo Messina. A suo conto sono addebitati i reati di falso e peculato. In particolare, come emerge dall’ordinanza cautelare, Salvo Messina avrebbe percepito emolumenti per 26 mila euro, tra indennità di fine mandato del 2012 ed altri rimborsi non dovute, mentre altre 21 mila euro sarebbero stati girati a suo favore, per anticipazioni somme, con operazioni di cassa effettuate da una delle dipendenti raggiunte da divieto di dimora. L’ex sindaco dovrà quindi rispondere anche dei contributi intascati dalle società sportive a lui riconducibili. Bisognerà però anche scoprire chi ha inventato questa gestione fatta di contabilità parallele e sprechi e soprattutto eventuali complicità sia all’interno dell’amministrazione comunale che negli istituti di credito. In pochi credono che la voragine che manderà in dissesto Brolo possa essere opera di un solo ragioniere.

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