MESSINA. Chiusa la fase degli interrogatori, per i 28 arrestati dell’operazione antidroga «Vicolo cieco» si profila quella dei ricorsi al Tribunale del Riesame. Nel corso degli interrogatori quasi tutti hanno fatto scena muta davanti al gip Antonino Genovese, solo qualcuno ha risposto fornendo una spiegazione. L’indagine ha colpito al cuore quella che è considerata dagli investigatori la principale organizzazione in città dedita al traffico di droga i cui esponenti sono riconducibili al rione Mangialupi.
Un’organizzazione verticistica con ruoli e compiti ben definiti. Oltre al capo individuato dagli investigatori in Alfredo Trovato ed al suo braccio destro Giuseppe Arena, c’erano poi varie figure “i degustatori” con il compito di testare la qualità della droga ed anche i “custodi”, persone che tenevano presso la loro abitazione la sostanza stupefacente e le attrezzature per il taglio ed il confezionamento. A questi gli investigatori arrivano attraverso le intercettazioni.
Il 19 novembre 2011 gli investigatori registrano una conversazione in cui, programmando con Trovato le iniziative da adottare per rendere più lucroso lo spaccio e nell’acquisto di strumenti e dei materiali per il taglio, Arena fa riferimento ad una tale Marisa (“le sta facendo Marisa”).
«Qualche settimana dopo - scrive il gip – l’8 dicembre, Arena e Trovato si riproponevano, non appena incassato il denaro dello spaccio, di mettere da parte 1000 euro da versare ad una non meglio indicata signora per una sorta di locazione in corso. Il 17 dicembre gli investigatori registrano una conversazione in cui Arena riferisce a Trovato di un colloquio avuto con “Marisa” per una questione relativa ad un ammanco di droga che le era stato affidato in custodia. Qualche tempo dopo, con pedinamenti ed appostamenti ed anche una perquisizione del marzo 2012, gli investigatori risalgono all’abitazione di Luciano Bartone e Maria Baluce vengono ritrovati materiali per confezionare e tagliare la droga. Le risultanze della perquisizione - conclude il gip – e gli accertamenti tecnici conseguenti, confermavano l’esattezza nell’individuazione della Baluce (Marisa) della custode della droga e dei materiali strumentali alla preparazione ed al confezionamento della sostanza , cui faceva menzione Arena nelle conversazioni captate. Il coinvolgimento del Bartone, coniuge dell’indagata, nell’attività illecita che fruttava una rendita mensile, al di là del dato logico (l’uomo metteva a disposizione della congrega a titolo oneroso la propria abitazione , pur un’attività che comportava un andirivieni di sodali impegnati nel depositare, preparare, prelevare la sostanza)trapela dalle stesse dichiarazioni della Baluce (riportate al Trovato dall’Arena) che attribuiva al coniuge l’ammanco di droga, suscitando il biasimo del soggetto intercettato».
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