MESSINA. Insulti, urla, schiaffi e poi le minacce: "Quello che succede in classe non si deve riferire a casa e quello che succede a scuola deve rimanere a scuola”. E' un quadro di terrore quello che emerge dalle indagini della polizia in un piccolo comune sui Nebrodi. Indagini che hanno portato alla sospensione di tre donne, maestre in una scuola elementare, ritenute responsabili di vessazioni e soprusi ai danni dei piccoli studenti.
Ad incastrarle ci sarebbero non solo le testimonianze dei genitori, preoccupati per i racconti dei loro figli al ritorno da scuola, ma anche le intercettazioni ambientali - riprese video e audio - dalle quali sembra emergere una realtà ancora più grave da quella descritta dalle piccole vittime.
I provvedimenti, emessi dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Patti, sono destinati a tre insegnanti: la prima, 57 anni, la più anziana, sospesa dall'insegnamento per la massima estensione temporale prevista, ovvero un anno, le altre due, 47 e 40 anni, per sei mesi.
Secondo quanto ricostruito, all'inizio i bambini - tutti intorno all'età di 7 anni - apparivano "cambiati", spesso "nervosissimi". Rifiutavano di andare a scuola, persino la recita scolastica sembrava terrorizzarli. Poi i primi racconti, le prime confessioni. Racconti sempre più insistenti e sempre più corali che disegnavano una realtà scolastica quotidiana fatta di insulti continui, urla immotivate, schiaffi.
Un bambino arriva a raccontare di un compagno colpito sulla nuca perché si era addormentato sul banco. Colpito così forte da procurarsi un bernoccolo in fronte. Un altro preso a schiaffi perché aveva detto di voler cambiare maestra.
Scattano quindi le prime intercettazioni ambientali. La protagonista è sempre la stessa insegnante, la 57enne sospesa ad un anno. Le immagini sono chiare ed inequivocabili: in un frame l’insegnante afferra con violenza dalla giacca della tuta il piccolo e lo trascina fuori strattonandolo e urlando; in un altro, uno dei bimbi porta alla cattedra della maestra il proprio compito e viene colpito con uno schiaffo in pieno volto; il bambino indietreggia ma la maestra lo afferra, lo blocca alla sedia e lo colpisce con un altro schiaffo. Ancora botte, calci e schiaffi in altre registrazioni. In una si vede chiaramente un alunno che, dopo aver ricevuto un violento pizzicotto sulla guancia, cerca disperatamente di nascondersi sotto il banco.
“Vastasi, pezzenti, babbo, sei una capra, cretino, sei schifoso, cammina tu e tua madre pure, un porco sei, sei un ritardato mentale, siete cosa di stare per la strada e di andarvene veramente nel carcere minorile, non siete cosa di stare con le persone perbene, appena tu non scrivi ti vengo a prendere e ti passo con i piedi sulla pancia, vi lascio il segno addosso per tutta la vita”. Questi sono solo alcuni degli epiteti e delle frasi utilizzati e spesso urlati a pochi centimetri dal volto dei piccoli.
Il regime del terrore messo in atto a scuola prevedeva inoltre una regola ben precisa: nulla doveva essere raccontato al di fuori della classe, né all’interno della scuola, né tantomeno a casa. “Quello che succede in classe non si deve riferire a casa e quello che succede a scuola deve rimanere a scuola”.
Le altre due insegnanti appaiono spesso, imperturbabili, partecipando con impassibile ed ingiustificata indifferenza, senza alcuna disapprovazione ai sistematici abusi e alle violenze fisiche e verbali. Possibile uso della violenza da parte di una delle due potrebbe essere confermato dalle indagini in ulteriori episodi. Entrambe, più volte interrogate su quanto accaduto, hanno apertamente negato quanto accaduto. Il contegno omertoso di entrambe è perdurato anche quando sono state informate delle riprese video e audio.
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