Resta in carcere il presunto “untore” messinese arrestato dai carabinieri con l’accusa di aver trasmesso il virus dell’Aids ad almeno quattro donne, tra cui l’ex compagna, un’avvocatessa di 45 anni, poi deceduta.
Lo ha deciso il tribunale del Riesame che ha rigettato la richiesta dei legali di L. D. D., arrestato lo scorso 16 settembre. L'avvocato Carlo Autru Ryolo aveva chiesto i domiciliari, ma il giudice ha disposto la permanenza nel carcere di Gazzi.
La vicenda è venuta alla luce da quando la sorella della donna ha cominciato la sua battaglia, assistita dall’avvocato Bonni Candido, denunciandolo. Sul tavolo del magistrato c’è una perizia del medico legale molto chiara, che spiega come la morte della professionista sia legata inesorabilmente al contagio. Il perito mette nero su bianco “quanto è stato sottovalutato il suo stato patologico, portandola alla morte senza che nessuno si fosse accorto, se non quando era troppo tardi, che si trattava di Hiv”.
Per questo oltre che il 55enne ci sono altri due indagati, due dei medici che hanno avuto in cura la donna fino a poco tempo prima della sua scomparsa. Avrebbe contagiato, continuando ad avere rapporti sessuali non protetti, nonostante la malattia, almeno 4 ignare vittime, che avrebbero presentato denuncia, tra loro, l'ex compagna dalla quale aveva avuto un figlio, è morta, adesso L.D.D., è stato arrestato dai carabinieri, con l’accusa di omicidio e lesioni gravissime. Secondo quanto hanno ricostruito gli inquirenti l'uomo era consapevole di essere sieropositivo. L'inchiesta, coordinata dal procuratore della città dello Stretto, Maurizio De Lucia, è partita dopo la denuncia della sorella della vittima che ha raccontato della malattia della familiare e dei suoi sospetti sul cognato. L'indagato ha avuto una relazione di 4 anni con la donna. Pur sapendo di essere malato, come si evince dai referti medici poi acquisiti dai magistrati, si è rifiutato di avere rapporti protetti, mettendo incinta la compagna, che non ha mai avvertito della patologia di cui era affetto.
La vittima solo dopo molto tempo ha scoperto di aver contratto l'Aids. Dalle indagini è emerso che la prima moglie dell’indagato era morta di Aids già negli anni '90, ma alle donne che ha incontrato successivamente L. D.D. ha sempre mentito, raccontando che fosse deceduta per un tumore. I sanitari, infatti, hanno diagnosticato la malattia alla compagna del cosiddetto “ untore” , solo a distanza di anni dalla comparsa dei primi sintomi. Pur sapendo del suo stato e pur sapendo che la ex stava male, non le ha mai confessato nulla, arrivando anzi a consigliarle di assumere integratori alimentari per risolvere i suoi problemi di salute.
"Avrebbe avuto dieci anni per informarla ed inoltre era perfettamente a conoscenza che dal 2015 stava malissimo", ha raccontato la sorella della donna ai carabinieri. Le ragazze contagiate, oltre alla compagna morta, sarebbero almeno tre. Solo in un caso, però, i pm contestano il reato di lesioni gravissime: negli altri non ci sarebbe la prova dell'intenzionalità del contagio. L'ultima delle vittime con cui l'uomo ha attualmente una storia ha raccontato agli inquirenti che il compagno si rifiutava di avere rapporti protetti sostenendo di volere da lei un figlio.
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