Viviana Parisi si è suicidata e la morte del figlio Gioele potrebbe essere legata a un gesto drammatico della donna, anche se non c'è certezza assoluta su quest’ultima ipotesi. È la ricostruzione della morte della dj e del bambino nelle campagne di Caronia, nel Messinese, fatta dal procuratore di Patti, Angelo Cavallo, che ha chiesto al gip (giudice per le indagini preliminari) l’archiviazione dell’inchiesta. Il fascicolo era aperto contro ignoti con le ipotesi di reato di omicidio, sequestro di persona e omissioni di atti di ufficio. Viviana Parisi fu rinvenuta cadavere, ai piedi di un traliccio dell’alta tensione, l’8 agosto del 2020. Dopo 11 giorni, a circa 800 metri di distanza in linea d’aria, furono ritrovati i resti, dilaniati da animali selvatici, del piccolo di quattro anni.
«Precario stato di salute non compreso sino in fondo dai familiari»
«È possibile affermare, con assoluta certezza - spiega il procuratore di Patti in una nota - come nella vicenda in esame non sia configurabile alcuna responsabilità dolosa o colposa, diretta o indiretta, a carico di soggetti terzi. Nessun soggetto estraneo ha avuto un ruolo, neanche marginale, mediato o indiretto, nella causazione degli eventi». Secondo la ricostruzione del magistrato, dopo analisi e accertamenti a 360 gradi, «l'intera vicenda, in realtà, è ascrivibile in modo esclusivo alle circostanze di tempo e di luogo, al comportamento ed alle condotte poste in essere da Viviana Parisi e al suo precario stato di salute, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo da parte dei suoi familiari più stretti». Il procuratore ricorda che sono stati ripercorsi alcuni episodi a partire dal marzo dell'anno scorso, quando la dj era stata portata all’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto in forte stato di agitazione. Il 28 giugno il secondo episodio, quando invece la donna era stata portata al pronto soccorso del Policlinico di Messina per avere ingerito dei farmaci. La fragilità di Viviana è emersa, secondo la procura, dalle dichiarazioni di parenti, amici e vicini di casa. Un quadro confermato dall’esame di alcuni audio e dei messaggi del suo telefonino, nonché dalla cosiddetta «autopsia psicologica» affidata allo psichiatra Massimo Picozzi, consulente della procura.
Allontanamento volontario
Le indagini hanno dimostrato, secondo la procura di Patti, come la dj (43enne di origini torinesi, ma da anni residente a Venetico, nel Messinese), «subito dopo l’incidente in galleria, una volta uscita dall’autovettura e recuperato Gioele, si sia volontariamente allontanata insieme al suo bambino dalla sede autostradale, nascondendosi tra la fitta vegetazione esistente sul bordo autostrada, non rispondendo ai richiami delle persone che pure la stavano cercando».
«Innegabile intento suicidario»
«Tutte le indagini tecniche svolte (indagini cinematiche, medico-legali, genetiche, veterinarie, etc.) hanno permesso di accertare - aggiunge il procuratore - come Viviana, senza ombra di alcun dubbio, si sia volontariamente lanciata dal traliccio dell’alta tensione, con chiaro ed innegabile intento suicidario». Il corpo della dj piemontese venne trovato cinque giorni dopo il suicidio. Il cadavere, secondo l'inchiesta, «non è stato oggetto di spostamento ad opera di terzi». L’autopsia ha escluso anche l’ipotesi di una morte «per asfissia da annegamento», l'ipotesi formulata a più riprese dai periti della famiglia e in particolare dal criminologo Carmelo Lavorino.
Le indagini su possibili colpevoli
I magistrati hanno indagato anche sulla possibile presenza di altre persone. «L’ufficio, a prescindere dai risultati degli accertamenti tecnici - scrive il procuratore Cavallo - sin dal primo svolgersi delle indagini ha inteso operare un controllo capillare su tutti i soggetti a qualunque titolo "gravitanti" nella zona, al fine di poter escludere in modo certo e sicuro qualunque loro coinvolgimento nella vicenda. A tale proposito sono stati identificati, controllati, assunti a sommarie informazioni ed intercettati per lungo tempo tutti i raccoglitori del sughero, gli allevatori ed i soggetti comunque presenti nella zona. Le loro dichiarazioni - sottolinea il magistrato - sono apparse lineari, coerenti, scevre da contraddizioni di sorta, riscontrandosi reciprocamente, sulla presenza in zona e sui successivi spostamenti, non facendo emergere alcun elemento di sospetto o di dubbio e confermando la loro completa e totale estraneità ai fatti: nessuno di loro ha mai visto, né tanto meno incontrato Viviana ed il figlio Gioele». Dagli esami dei tabulati telefonici «non sono emersi elementi di "allarme" di alcun tipo, o comunque circostanze in contrasto con quanto riferito alle forze dell’ordine». Anche le conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate «non solo non hanno fatto emergere alcun elemento di particolare "allarme" rispetto a quanto in precedenza dichiarato da tali soggetti, ma hanno dimostrato l'assoluta genuinità e buona fede di tutte le loro propalazioni sui fatti», conclude la nota del pubblico ministero.
Gioele non fu ucciso dagli animali
«Gli accertamenti sui reperti biologici di origine animale e di tipo veterinario-forense hanno permesso di rilevare, in primo luogo, come Gioele non abbia subito, mentre era ancora in vita, alcuna aggressione da parte di animale (canidi, suidi o altro tipo ancora)», afferma il procuratore di Patti, escludendo «la presenza sui resti del bambino di lesioni o comunque segni riconducibili all’azione violenta di soggetti terzi».
Il giorno del ritrovamento dei resti di Gioele
«È stato invece accertato - aggiunge - come la specie animale “vulpes vulpes” abbia svolto un ruolo di necrofago, abbia cioè consumato il corpo di Gioele, ma soltanto dopo la sua morte. Gli accertamenti di genetica umana e di carattere veterinario hanno consentito di rilevare come gli indumenti indossati da Gioele al momento dei fatti (sandali, pantaloncino, slip, frammento di maglietta) non recassero tracce di sangue. Tutto ciò conferma - secondo la procura di Patti - come Gioele non possa essere stato oggetto di un’aggressione in vita da parte di cani o altri animali selvatici, dal momento che un’aggressione di tal tipo avrebbe prodotto, proprio a causa delle ferite inferte, un'imponente perdita di sangue con conseguente “dilavamento” di tutti gli indumenti indossati».
Le consulenze sulla dinamica del sinistro e medico-legale hanno escluso che la morte del bambino possa essere riconducibile alle conseguenze del sinistro stradale subito mentre era in auto con la madre. Escluso anche che Gioele possa essere deceduto in conseguenza di lesività traumatiche ossee, per l'assunzione di veleni o di altre sostanze tossiche o per asfissia da annegamento in acqua stagnante. Secondo il quadro che viene fuori dall’indagine, Viviana correva con il piccolo Gioele in braccio, poco dopo l’incidente in galleria. Era sotto choc, ma era sola. Non c’erano persone né animali a inseguirla nella sua corsa verso il traliccio dell'Enel di 3 metri, da cui poi si lanciò. «La consulenza ha anche accertato - aggiunge il procuratore - come l’incidente, in ogni caso, non avesse provocato particolari conseguenze fisiche sugli occupanti della Opel Corsa condotta dalla donna».
L'ipotesi infanticidio è la più fondata
L’ipotesi che Viviana abbia ucciso prima Gioele è la più fondata per la Procura, ma non c’è alcuna certezza. Si ipotizza che la mamma possa averlo soffocato prima di suicidarsi. Alla conclusione di oggi la Procura arriva dopo la consegna dell’esito dell’autopsia effettuata dalle università di Palermo e Messina. Gioele sarebbe morto - ricostruisce la Procura - per «un evento accidentale» o per un «gesto volontario» della madre che avrebbe poi «deposto il suo corpo» e si sarebbe allontanata «alla ricerca del primo luogo “utile” che le permettesse, in qualche modo, di porre fine alla sua vita. In ogni caso ed in definitiva - sottolinea il procuratore di Patti - l’ipotesi dell’infanticidio commesso da Viviana, alla luce dell’indubbio carattere residuale dell’altro scenario (morte di Gioele causata da una lesione interna, da un colpo di calore, per sete), continua a rimanere la tesi più probabile e fondata».
Restituite le salme
La Procura ha inoltre autorizzato la restituzione dei due corpi. A questo punto i familiari potranno celebrare i funerali, a un anno dalla loro scomparsa. Il marito di Viviana Parisi, Daniele Mondello, anche lui dj, all'inizio del mese aveva lanciato un appello, con un video, per chiedere proprio la restituzione dei corpi e dare sepoltura alla moglie e al figlioletto. Il procuratore Cavallo ha ricordato che è stata condotta un’indagine a 360 gradi che ha coinvolto la squadra mobile di Messina, il commissariato e la polizia stradale di Sant'Agata Militello e il personale della polizia scientifica di Catania e Palermo. Sono stati effettuati vari sopralluoghi, sentite numerosissime persone, analizzate decine di tabulati telefonici ed eseguite intercettazioni telefoniche e ambientali. Sono stati nominati numerosi consulenti tecnici. La richiesta di archiviazione, dunque, per la procura arriva dopo un lavoro completo. Ora dovrà pronunciarsi il gip, ma prima gli avvocati di Daniele Mondello, il marito di Viviana, chiederanno altri accertamenti.
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