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Le mani dei boss nelle case per anziani: sequestro da 100 milioni nel Messinese, incassavano gli aiuti Covid

Beni ed assetti societari, cooperative sociali ed aziende agricolo-faunistiche, locali di pubblico intrattenimento, hotel, immobili (tra cui numerose ville di consistente valore) nell’area milazzese e nebroidea, somme di denaro congelati in Paesi esteri. È un «tesoro» da circa 100 milioni di euro quello sequestrato nell’ambito di una maxi operazione (denominata Hera) della Polizia di Stato e della procura della Repubblica-Dda presso il Tribunale di Messina: la Divisione anticrimine della questura di Messina e il Servizio centrale anticrimine, nel quadro di una più ampia strategia di contrasto avviata dalla Direzione centrale anticrimine, hanno eseguito il provvedimento di sequestro emesso, ai sensi della normativa antimafia, su proposta congiunta del procuratore della Repubblica e del questore di Messina. Colpito l’imprenditore messinese Giuseppe Busacca che ha costruito un impero economico che ruota attorno alle cooperative di assistenza ad anziani e disabili nel Messinese. L’accusa è di avere reinvestito soldi illeciti provenienti dal clan mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto.

Un ex infermiere già consigliere comunale al centro, insieme all'imprenditore di Milazzo, di un sistema per controllare gli appalti. Nell’ambito dell’indagine che ha portato a maxi sequestro di 100 milioni di euro nel Messinese, è infatti coinvolto un arrestato nell’operazione «Gotha 7» del dicembre 2017, per concorso esterno nell’associazione mafiosa dei «Barcellonesi": un infermiere oggi in pensione, già consigliere comunale presso il Comune di Milazzo, condannato con sentenza non definitiva, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari. Il suo ruolo di pubblico amministratore avrebbe consentito al clan di ottenere l’aggiudicazione di appalti pubblici a favore di aziende di proprietà degli affiliati, nonchè individuare le imprese che, assegnatarie di altri lavori pubblici, venivano sistematicamente sottoposte a estorsione. Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, in parte riscontrate nel tempo dai commissariati di Milazzo e Barcellona Pozzo di Gotto, è emerso anche il suo ruolo di gestore di alcune attività imprenditoriali nel contesto ricreativo/ristorativo, in realtà riferibili ai boss della cosca.

Ricostruito  «un ventennio di attività imprenditoriale mafiosa nel tessuto sociale del Messinese», come sottolineano polizia si Stato e procura di Messina. Il provvedimento ha interessato 16 società di capitali e cooperative sociali, queste ultime oggetto di una serie di interposizioni fittizie ma tutte riferibili a due milazzesi, un imprenditore e un ex infermiere già consigliere comunale, anche tramite uno dei figli di questi, già pubblico amministratore a Milazzo, le cui attività spaziano dai servizi sociali alle cooperative agricolo/faunistiche e di trasformazione di prodotti suini site nell’area nebroidea, grazie a una serie di truffe ad Agea, fino ad attività continuate di turbata libertà negli incanti per l’aggiudicazione dei terreni agricoli dove sono oggi collocate le cooperative agricolo/faunistiche, destinate alla produzione di suini e alla macellazione dei prodotti, con marchio «Doc» sull'intero territorio nazionale. Grazie alla collaborazione fornita dalle sedi locali dell’Agenzia delle entrate, è emersa «una colossale opera di defiscalizzazione», anche attraverso la creazione di falsi crediti di imposta, utilizzati per nascondere le imponenti rendite di gestione, e soprattutto la sistematica utilizzazione delle cooperative sociali ed agricole quali vere e proprie società di capitali, pur giovandosi dei regimi di semplificazione fiscale, tributaria e lavoristica concesse per abbattere i costi di gestione e la tassazione. Fatta luce su imponenti operazioni di riciclaggio, nascoste nei fallimenti di talune società di capitali (alle quale ne sono subentrate altre con nuovi prestanome) rivelatisi operazioni di bancarotta fraudolenta, intercettando un ingente spostamento di capitali all’estero.

Tra l'altro, le società destinatarie del provvedimento di sequestro  hanno percepito finanziamenti pubblici erogati dallo Stato nel quadro delle misure a sostegno dell’economia per far fronte all’emergenza Covid, per un importo complessivo di circa 500 mila euro. Lo rileva la polizia di Stato che ha eseguito i il provvedimento.

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