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Rolex e mazzette per gli appalti, arrestato a Messina l'ex assessore regionale Maurizio Croce

Due arresti e una misura interdittiva. Svelato un sistema di illeciti per alcune opere come il risanamento del torrente Catarratti - Bisconte

Rolex, lavori edili gratis e mazzette. Svelato un sistema corruttivo attorno ai cantieri contro il dissesto idrogeologico nel Messinese. Tre misure cautelari eseguite ai finanzieri del comando provinciale di Messina (due per gli arresti domiciliari e una interdittiva della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione), per una serie di fatti corruttivi concernenti l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti, promossi dal commissario di governo contro il dissesto idrogeologico per la Regione Sicilia. Ai domiciliari è stato posto anche l’attuale consigliere comunale di Messina Maurizio Croce, che era candidato a sindaco nelle ultime elezioni amministrative con il Centrodestra ed ex commissario per il dissesto idrogeologico. Il responsabile della struttura commissariale per il dissesto idrogeologico avrebbe ricevuto da un imprenditore benefici economici sotto forma di finanziamenti della campagna elettorale del 2022 per oltre 60 mila euro. Croce, 53 anni, è stato anche assessore regionale al Territorio e ambiente nel governo di Rosario Crocetta e ha ricoperto numerosi incarichi di nomina politica in diverse strutture regionali.

L'inchiesta

L’indagine è scaturita dal controllo disposto dal prefetto di Messina, eseguito dal gruppo interforze, presso il cantiere dei lavori di «riqualificazione ambientale e risanamento igienico dell’alveo del torrente Cataratti - Bisconte e opere varie nel Comune di Messina». E’ emerso il ruolo di una persona, gestore e rappresentante di fatto dell’impresa esecutrice, cui risultava affidato il cantiere; da ulteriori accertamenti, è venuto fuori che era indagata per traffico di influenze illecite, aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosi, nell’ambito di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro alcuni anni fa. Da ulteriori attività, anche di natura tecnica, sotto la direzione ed il coordinamento della procura di Messina, è emerso il coinvolgimento di componenti della stazione appaltante, pubblici ufficiali, in accordi illeciti con il gestore dell’impresa esecutrice dei lavori. In dettaglio, gli accertamenti di polizia giudiziaria hanno disvelato l’esistenza di un «rapporto privilegiato», consolidatosi nel tempo, tra il vertice della struttura commissariale e il rappresentante legale dell’impresa esecutrice dei lavori. Quest’ultimo, infatti, al fine di ottenere una più favorevole e celere gestione delle fasi esecutive dell’appalto, ovvero di garantirsi future commesse pubbliche, in accordo con il vertice della struttura commissariale, ha erogato utilità varie ai funzionari incaricati di sovrintendere all’opera e, segnatamente, sia al direttore dei lavori sia al funzionario incaricato di validare i lavori svolti.

Concretamente, le utilità consistevano nell’effettuazione di lavori edili presso abitazioni private risultate nella disponibilità dei medesimi funzionari pubblici, per importi complessivi quantificati in circa 80 mila euro; nonché, nel caso del funzionario impiegato direttamente presso la Struttura Commissariale, nel pagamento di tasse universitarie, per un corso di laurea che il medesimo funzionario intendeva frequentare, per un valore di oltre 7 mila euro. Inoltre, lo stesso vertice della Struttura commissariale, avendo preso parte ad una competizione elettorale, aveva ricevuto dall’imprenditore, per il tramite di un fidato intermediario, benefici economici sotto forma di finanziamenti, illeciti, della campagna elettorale, per oltre 60 mila euro. In questo senso, al fine di scongiurare il rischio della ricostruzione della provenienza dei finanziamenti, l’imprenditore, attraverso un meccanismo di fatturazione per operazioni inesistenti, solo formalmente, intestate alla contabilità dell’appalto pubblico, aveva costituito la provvista finanziaria in capo ai responsabili di ulteriori imprese, con cui aveva ordinari rapporti economici, affidando loro il compito di effettuare i pagamenti a sostegno della campagna elettorale. Da qui la contestazione provvisoria, mossa agli indagati, anche del delitto di illecito finanziamento ai partiti, essendo emerso che i contributi venivano corrisposti, senza che degli stessi vi fosse traccia nelle deliberazioni sociali e nei bilanci delle ditte private coinvolte. Ciò avrebbe chiarito, per chi indaga, la volontà dell’imprenditore di tentare di reperire le risorse utili alla conclusione degli accordi corruttivi, facendole pesare direttamente e indebitamente sui costi dell’appalto pubblico, di cui era affidatario. Ancora, si è documentato come il rappresentante di fatto della società affidataria dell’appalto avesse acquistato un orologio Rolex Daytona del valore di oltre 20 mila euro in favore della persona che intermediava le erogazioni illecite a favore della menzionata campagna elettorale ed effettuava, sempre a beneficio di quest’ultimo, lavori di ristrutturazione presso un noto negozio di abbigliamento sito in Messina, per un valore di oltre 30 mila euro; e ciò al fine di remunerarne l’illecito compito.

La truffa dei pali e i rifiuti del cantiere Catarratti - Bisconte

Da ultimo, sempre su richiesta del vertice della struttura commissariale, e, in questo specifico caso, con l’intermediazione di un diverso soggetto privato legato da rapporti di fiducia al Commissario, la società appaltatrice ha effettuato importanti lavori di messa in sicurezza presso una rinomata struttura ricettiva privata, per un importo di quasi 100 mila euro. In conseguenza dei molteplici illeciti attribuiti al rappresentante legale della società affidataria dell’appalto pubblico, sono stati contestati alla stessa compagine privata gli illeciti di cui al decreto legislativo 231 del 2001 (responsabilità amministrativa dell’impresa derivante dalla commissione di reati dei propri amministratori o dipendenti). Nel corso delle indagini, inoltre, una mirata attività di perquisizione ha impedito due truffe: la prima, la «truffa dei pali», consistita nel collocare presso il cantiere, sfruttando la difficoltà di rilevare la difformità tra il dato formale/progettuale e quello reale, un numero di pali inferiore rispetto a quello previsto dal progetto (ben 291 pali in meno), per ottenere un maggiore ed indebito esborso di somme, a suo favore, per un valore di oltre 1,2 milioni di euro; la seconda, consistita nel simulato conferimento a discarica di rifiuti provenienti dal cantiere Catarratti - Bisconte (terre e rocce da scavo), riguardante, di contro, materiale proveniente da un diverso cantiere gestito dalla società esecutrice dell’appalto pubblico e posto all’interno di un immobile di proprietà di un privato, in modo da consentire all’impresa di richiedere il rimborso a carico della stazione appaltante ed ottenere, contestualmente, il pagamento dello smaltimento realmente avvenuto anche dal citato committente privato. Eseguiti contestualmente, sequestri pari al profitto dei vari reati per l’importo complessivo pari a oltre 230 mila euro (comprensivi del valore dell’orologio oggetto).

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