I finanzieri del comando provinciale della Guardia di Finanza di Messina, nell’ambito di articolate investigazioni di polizia giudiziaria a contrasto delle frodi fiscali in materia di crediti d’imposta, introdotti, nel 2020, attraverso le misure di sostegno all’economia contenute nel cosiddetto Decreto “Rilancio”, stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Messina, su richiesta dalla locale Procura della Repubblica, a carico di 6 soggetti, ritenuti responsabili di associazione per delinquere dedita alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, indebite compensazioni fiscali ed autoriciclaggio. Gli indagati lucravano sui benefici fiscali introdotti dal dl 34 del 2020 (decreto Rilancio) e dalle successive integrazioni. Tutto ha avuto origine dalla denuncia di un cittadino informato da un funzionario dell’Agenzia delle entrate dell’inserimento, nel proprio cassetto fiscale, di crediti d’imposta per 1,3 milioni di euro, riconducibili a lavori di ristrutturazione edilizia mai eseguiti. Sulla base dei primi accertamenti, i finanzieri hanno scoperto agevolazioni fiscali sul Superbonus 110%, che risultavano cedute a una società, tramite la piattaforma Cessione crediti dell’Agenzia delle entrate, avente ad oggetto la locazione di beni immobili, poi risultata priva di personale e strutture. Accertamenti bancari e perquisizioni hanno consentito di ricostruire ulteriori crediti, inseriti nei sistemi informatici da un unico soggetto e ceduti da privati, sempre alle medesime società messinesi riconducibili a persone facenti parte della stessa famiglia. L’attività ruotava intorno a un medico di base di Messina che, sfruttando il rapporto di fiducia che intercorreva con i suoi pazienti, prospettava loro la possibilità di ottenere i contributi statali «Ecobonus» e «Superbonus», per ristrutturare immobili di loro proprietà. Così invitava i pazienti a rilasciargli le credenziali Spid, in modo da accedere, da remoto, al loro cassetto fiscale. I crediti fittizi così creati venivano poi ceduti ad altri soggetti, tra cui quattro società riferibili al medico e a suoi parenti, per consentirne la monetizzazione, ovvero la compensazione fiscale con debiti reali.