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Il risarcimento ai medici specializzandi: rigettato ricorso della Presidenza del Consiglio

Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio

Rigettato l’appello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sul caso dell’omessa erogazione della remunerazione prevista per i laureati in medicina che si erano iscritti alle scuole di specializzazione a partire dall’anno accademico 1991/1992. La decisione è della Corte d’Appello di Messina: la sentenza, del 12 maggio 2023, accoglie le tesi dell’avvocato Santi Delia, name founder dello studio Bonetti & Delia.

La questione dei medici ex specializzandi («ancora oggi, a distanza di anni e nonostante siano migliaia i provvedimenti giudiziali», sottolinea la nota del legale), continua ad impegnare i tribunali di tutta Italia su situazioni ancora specifiche e peculiari. In questo caso specifico il medico ha fatto ricorso in primo grado davanti al Tribunale di Messina, chiedendo l’accertamento del proprio diritto al risarcimento dei danni, nascenti dal credito vantato nei confronti dello Stato italiano in virtù dell’attuazione di una direttiva comunitaria ( 82/76/Cee) e la condanna del ministero al risarcimento in via equitativa.

In tribunale era stata ritenuto fondata la domanda risarcitoria, perché «il diritto al risarcimento dei danni per omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/Cee e n. 82/76/Cee, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi) va ricondotto allo schema della responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria. Ne consegue che, essendo lo Stato italiano l’unico responsabile di detto inadempimento e, dunque, l’esclusivo legittimato passivo in senso sostanziale, non è configurabile una responsabilità, neppure solidale, delle Università presso le quali la specializzazione venne acquisita…».

Tuttavia, l’amministrazione ha proposto appello, eccependo l’esistenza di un precedente giudizio concluso con un provvedimento di rigetto nei confronti del ricorrente, sostenendo, dunque, il divieto di riproposizione della medesima domanda giudiziale.

«Non si tratta - precisa l’avvocato Delia - di un caso isolato. Sono molti i medici che si sono trovati, anche per mero errore, ad intraprendere plurimi percorsi giurisdizionali al fine di ottenere il risarcimento dovutogli». Il legale, al fine di contrastare l’eccezione di giudicato esterno, ha esposto una tesi difensiva «innovativa», deducendo la mancata attestazione del passaggio in giudicato della sentenza depositata in atti, nonché l’inidoneità della stessa a provare l’identità del soggetto ricorrente, essendo ivi riportati solo il nome e cognome e non anche suoi i dati personali (codice fiscale, data e luogo di nascita) che avrebbero fornito la prova inconfutabile della identità soggettiva dello stesso, fugando ogni dubbio di omonimia.

Il giudice d’appello di Messina, «condividendo in pieno la nostra tesi ha confermando il diritto dell’ex specializzando al risarcimento del danno rigettando l’appello del ministero», conclude la nota dello studio legale.

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